IL CASO
C'è posta per te, ed è bufera
Due giovani indigenti in studio da Maria de Filippi, esplode la polemica a Busto
L'ospitata di una famiglia bustese a "C'è posta per Te", la trasmissione nazional-popolare condotta da Maria De Filippi, diventa ora anche un caso politico. Tutto è cominciato sabato sera, nella sempre seguitissima prima serata di Canale 5, quando il postino Mediaset ha recapitato l'invito a presentarsi in studio a una coppia di ragazzi (Sara e Francois i loro nomi) che abitano proprio a Busto Arsizio e la De Filippi ne ha raccontato - con la solita dose di piagnistei - le vicissitudini personali, lo stato d'indigenza in cui versano, l’aiuto quotidiano ottenuto solo dalle Caritas territoriali e anche il fatto che per oltre un mese hanno dormito in macchina.
A cercare con loro un contatto via cavo è stata la mamma di lei, che da sette anni non sente la figlia e che si è trasferita a Lecce col nuovo compagno, vero pomo della discordia perché con lui i giovani non vogliono avere nulla a che fare, tanto meno se si tratta di avere un sostegno economico. Piuttosto - alzando un muro d'orgoglio - hanno preferito trasformare l'abitacolo in una casa improvvisata e arrangiarsi quindi da sé.
Ecco allora il momento della bagarre. "In quella mezz'ora come città abbiamo fatto una figura imbarazzante, mostrando ancora una volta come una coppia di italiani non riesca a ricevere un aiuto concreto dall'ente pubblico e si trovi invece costretta a dormire in auto, mentre quasi non ci credevo quando questi ragazzi hanno detto di aver trovato sì un’abitazione ma di essere rimasti a lungo senza luce e senza gas", spiega rammaricato Max Rogora, consigliere comunale della Lega Nord. Il quale, fiero padano, ne fa appunto una questione di efficacia politica: "Da componente dell'assemblea cittadina - insiste - mi sono sentito mortificato dal fatto che la nostra Busto sia stata ammirata da milioni di persone come un luogo che non tende la mano ai veri bisognosi, proprio nello stesso momento in cui invece abbiamo ospiti in città centoventi profughi che mangiano e bevono stando al caldo, pagati con le nostre tasse, oltretutto destinati a un futuro fatto solo di elemosina se non peggio".
Lo sfogo di Rogora, insomma, si sovrappone alla ricamatissima storia televisiva: "Quello a cui in tantissimi hanno assistito sabato sera è l'emblema di come le cose non funzionino nella nostra città e, più in generale, nel nostro Paese. Perché il fatto è che io non ce l'ho con gli extracomunitari, invece me la prendo con uno Stato che continua a mettere vincoli alle politiche sociali senza sbloccare risorse, ma invece agevola l'ingresso in Italia di persone a cui non possiamo dare un bel nulla".
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