MAXI SEQUESTRO
La scarpa di culto? È un falso
Imprenditore calzaturiero denunciato dalla Guardia di finanza: nel magazzino 278 paia di Manolo Blahnik contraffatte che ora verranno distrutte

«Si prenda la borsa, l’anello, l’orologio ma mi lasci le mie Manolo Blahnik»: una scena memorabile della serie tv Sex and the City quella in cui Carrie Bradshaw, la protagonista, scongiurava un rapinatore di non privarla delle preziose scarpe firmate dal designer spagnolo tra i più iconici del settore. Stivaletti introvabili, veri e propri oggetti di culto che non si vedono spesso in vetrina, se non in corso Como a Milano.
Eppure nella piccola e anonima Cerro Maggiore c’era chi quei vertiginosi sandali e quelle sofisticate decolleté le vendeva. Ora il commerciante non le vende più. Anzi, al termine di accurate indagini - coordinate dal pubblico ministero Nadia Calcaterra - la Guardia di finanza lo ha denunciato per ricettazione e commercio di merce contraffatta. Accuse dalle quali l’imprenditore - difeso dall’avvocato Salvatore Verdeoliva - ora intenderà difendersi.
Nel magazzino ispezionato dalle Fiamme gialle c’erano ben 278 paia e ogni tipo di modello creato da Manolo Blahnik, comprese le Hangisi, quelle blu cobalto con fibbia gioiello diventate un emblema di stile per qualsiasi fashion victim. Erano realizzate con elevatissima cura, con attenzione per ogni dettaglio, nessun profano avrebbe potuto dubitare della loro autenticità. E invece erano tarocche e chissà ora quante shoes addicted si malediranno per esserci cascate come sprovvedute.
Era da dicembre che il pm Calcaterra lavorava a questa indagine. Da quando cioè le pervenne la denuncia del procuratore speciale della casa di moda, che a sua volta aveva già ottenuto riscontri attraverso un’inchiesta interna, condotta con un detective privato, un agente provocatore che mesi prima vestì i panni del cliente dell’azienda cerrese.
Qualcuno aveva infatti segnalato alla label - che ha sede a Londra - lo smercio in quel di Cerro Maggiore di spudorate imitazioni del loro prodotto e dunque l’investigatore aziendale ordinò una partita intera per avere un riscontro materiale e provato di quella soffiata. A quel punto il caso passò in mano al pm Calcaterra che innanzitutto delegò un’ispezione alla finanza. Le scarpe vennero sottoposte a una perizia, perché la sola parola del produttore, ai fini penalistici, non può bastare. Nei giorni scorsi sono stati depositati gli esiti, gli inquirenti ora procederanno con l’individuazione del laboratorio da cui sono uscite, risalendo così lungo tutta la filiera della contraffazione e dell’immissione sul mercato. Non è da escludere che in caso di processo la maison si costituisca parte civile e anche le clienti del cerrese potrebbero valutare una causa. Al momento non ci sono determinazioni in tal senso.
Cosa ne sarà invece di quelle 278 scarpe false che, per quanto patacche, sono pur sempre di grande impatto? Purtroppo verranno distrutte. L’autorità giudiziaria non ha altre vie: per donarle in beneficenza (sempre che una donna indigente possa considerare bene indispensabile un sandalo tacco 12) bisognerebbe comunque eliminare il marchio, ma da una calzatura è più difficile che da una maglietta. Lo stesso discorso vale per un’eventuale asta. Il loro destino è segnato.
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