DOPO LA SENTENZA
Cittiglio, l’arciere non ha più nulla
Evaristo Scalco, condannato per l’omicidio di Genova, risulta nullatenente. Difficile risarcire i familiari della vittima
Evaristo Scalco è nullatenente: l’artigiano 64enne di Cittiglio che nella notte fra l’1 e il 2 novembre del 2022 uccise con un colpo di freccia Javier Alfredo Miranda Romero nei carruggi di Genova, non ha più risorse a disposizione. È dunque molto difficile per lui risarcire nell’immediato i familiari della vittima, come indicato dalla condanna in primo grado a 23 anni di carcere (in attesa del verdetto definitivo, è ai domiciliari): i giudici della Corte di Assise di Genova, infatti, a gennaio avevano disposto il pagamento complessivo di provvisionali per 500mila euro alle parti civili. Queste ultime, stando a notizie rilanciate online, hanno chiesto in queste settimane un accertamento all’Agenzia delle Entrate per inquadrare la sua posizione patrimoniale: nel 2022 Scalco avrebbe dichiarato 2.600 euro di reddito da lavoro, dipendente e autonomo.
Da qui lo stupore della controparte, visto che il maestro d’ascia, noto per la sua abilità nella lavorazione del legno, in quel periodo si trovava a Genova per abbellire lo yacht di lusso dell’archistar Renzo Piano.
Il quadro economico difficile viene confermato anche da uno dei legali di Evaristo Scalco, l’avvocato milanese Jacopo Pensa, che lo rappresenta insieme al collega Federico Papa e che però dà un quadro molto diverso della motivazione: «Queste informazioni sono fuorvianti, come l’allusione a una presunta evasione fiscale. Parliamo di un artigiano che con le sue mani ha realizzato e realizza cose bellissime, sì, ma che nel periodo del Covid non aveva lavorato per nulla e ha sempre avuto entrate normalissime, modeste, non certo milionarie, vivendo nella casa dei genitori. Ha sempre fatto l’aiuto falegname e aveva risorse plausibili rispetto alla sua attività. Non si può associare il committente alle persone che lavorano per lui».
«Scalco - aggiungono i legali - non ha più nulla, è un uomo pentito e distrutto da quello che ha fatto, e fin dal primo momento il suo pensiero fisso è stato di dare aiuto alle povere persone che hanno avuto un danno enorme da quella notte di follia. Dopo pochi giorni, anzi, aveva fatto il primo bonifico. Ha dato fondo a tutti i suoi risparmi, con l’aiuto anche dei suoi familiari che gli sono stati vicini, per assicurare una copertura finanziaria sia alla compagna dell’uomo deceduto e al suo bimbo piccolo, sia alla figlia più grande di lui. Fa quello che può e lo farà per sempre».
Dietro dunque non ci sarebbe la mancata volontà, ma l’impossibilità di far fronte al risarcimento economico, almeno a breve termine: «Il mio cliente è consapevole che dovrà scontare la pena, una volta che sarà definitiva, e che tutta la sua vita sarà dedicata a rifondere i familiari che hanno perso un uomo di 40 anni in modo così tragico - ribadisce l’avvocato Pensa -. Posso dire che raramente, in casi di altri omicidi “ingiustificati”, si assiste allo stesso atteggiamento: Scalco è una persona perbene, si è messo la mano sulla coscienza e si è assunto le sue responsabilità. Dice spesso: non voglio dimenticarmi di loro e darò quello che posso per tutta la vita».
Come a dire, non ci sono ricchezze “segrete”, beni liquidi e immobili a cui attingere per dare corso alla richiesta di risarcimento. Ma passo dopo passo, l’artigiano cercherà di fare la sua parte.
Tante vite distrutte in una notte folle e in parte inspiegabile, per la violenza cieca della reazione poco compatibile con l’immagine che amici, familiari e conoscenti hanno sempre avuto del 64enne: in un attimo, Scalco è diventato l’arciere killer, mentre tutti hanno sempre sottolineato la sua disponibilità e correttezza. Ma non si può tornare indietro: gli errori più gravi della vita si pagano senza sconti. E Scalco giura di volerlo fare.
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