OPERAZIONE TARTARUGA
“Coca” sull’asse Busto-Torino: stop
La polizia di Stato sgomina una banda di maghrebini che faceva capo a due fratelli: uno resta latitante

L’hanno chiamata Operazione Soulahfa, tartaruga in lingua maghrebina, perché così i trafficanti alludevano alla cocaina nelle loro conversazioni telefoniche.
Gli investigatori del Commissariato di via Ragazzi del ‘99 nei giorni scorsi hanno chiuso il cerchio delle indagini sul gruppo di marocchini che spostava stupefacente fino a Torino.
I referenti della banda erano due fratelli, residenti a Busto Arsizio, sfuggiti alla polizia per un soffio l’anno scorso.
Gli agenti li tenevano d’occhio, una fonte certa li avvertì che i due sarebbero passati in un determinato luogo in un giorno preciso a bordo di un’auto carica di coca. E così fermarono i marocchini per le classiche quarantotto ore previste dal codice di procedura.
Ma il tempo passò, la perquisizione alla Renault non diede risultati e i due vennero rilasciati. Il veicolo rimase sotto sequestro e mentre entrambi erano ormai atterrati in Marocco, i poliziotti, con l’aiuto di un meccanico, trovarono la droga: oltre due chilogrammi, nascosta con grande abilità. Ossia un doppio fondo, sotto il sedile posteriore, che veniva azionato con un meccanismo elettrico-idraulico.
Oltre allo stupefacente saltò fuori una bomboletta di spray repellente, che avrebbe dovuto distrarre il fiuto dei cani.
Sta di fatto che la Procura chiese e ottenne dal gip Nicoletta Guerrero tre ordinanze di custodia cautelare in carcere per i due fratelli e per un terzo complice (contemporaneamente, sicuri che nessuno avrebbe mai scoperto il nascondiglio, i proprietari dell’auto ne chiesero il dissequestro attraverso i loro legali).
Sette in tutto però furono i soggetti coinvolti nel traffico di droga, due dei quali presi a Torino.
Lo scorso 31 gennaio uno dei fratelli commise il passo falso: tornò in Italia per rivedere la famiglia e venne immediatamente preso, portato dietro le sbarre. Difeso dall’avvocato Amedeo Rizza, venne interrogato dal gip Guerrero il successivo 4 febbraio.
L’altro invece risulta tutt’ora latitante e a questo punto è difficile che verrà catturato, non a caso il Commissariato ha deciso di svelare e illustrare il lavoro degli investigatori gallaratesi.
Moltissime le intercettazioni telefoniche che testimoniano l’attività dei trafficanti. I luoghi nei quali si davano appuntamento avevano nomi simbolici: «Ci vediamo al ponte», concordavano, intendendo una località di Busto Arsizio, oppure «al giardino». Ma nei loro viaggi si spingevano anche a Bologna, a Lucca, oltre che nell’Altomilanese.
Svariati i quantitativi sequestrati nel corso dell’operazione, dai 50 ai 400 grammi anche se soprattutto si tratta di «droga parlata», come si dice in gergo, ovvero soltanto indicata nelle conversazioni finite nelle intercettazioni.
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