IL CONCERTO
Concato sul palco a Legnano
«La mia musica? Spontaneità»

Immenso protagonista della grande musica d’autore italiana, Fabio Concato è atteso stasera, sabato 18 marzo, a Legnano in un Teatro Tirinnanzi sold out ormai da tempo, con il suo Musico Ambulante Tour.
Che significa musico ambulante?
«Che vado dove mi chiamano a fare musica e, se mi chiamano, vuol dire che qualcuno mi stima e mi vuole bene».
Quanto è importante il pubblico?
«Direi fondamentale. Non solo: approfitto di questa occasione per farmi conoscere un po’ di più. Oltre alle canzoni, mi piace raccontarmi, dalle stupidaggini che fanno sorridere al riflettere».
In quale momento è della sua storia professionale, artistica e anche umana?
«In una fase della mia vita molto bella: è come si mi accorgessi tutti i giorni, a tutti i concerti che le persone sono veramente assetate di musica, di spensieratezza, anche di riflessione. Sono molto contenti quando mi racconto, quando racconto di me. Qualcuno magari mi conosce per un paio di canzoni e poi è contento, non sapeva che fossi così o che raccontassi qualcosa o cantassi con loro. È una fase molto bella anche perché siamo rimasti a casa due anni e mezzo soffrendo e quindi è ovvio che ci sia più desiderio di ascoltarci. Di concerti ne ho sempre fatti tanti ed è il momento in cui mi diverto di più e finché mi diverto vado avanti».
Che cosa la spinge sul palco?
«Proprio il divertimento che ancora provo e che ogni tanto mi sorprende. Credo che il pubblico un pochino sia cresciuto con me e ci sono più giovani, perché probabilmente il papà e la mamma hanno fatto sentire loro le mie canzoni. E c’è questo affetto proprio smisurato, sento proprio l’affetto vero: non si perdono un respiro, vogliono sapere tutto, più cose racconto e più sono contenti. C’è uno scambio vero. Questa è la condivisione: sentire che il pubblico ti sta dando delle cose perché tu a tua volta ti stai raccontando».
Un bel rapporto di scambio…
«Eh sì, è la cosa che mi diverte di più: io mi sento vero, autentico proprio quando canto. Non ci sono filtri, mediazioni di alcun tipo: canto e c’è qualcuno che dalla mia voce riconosce se sono preoccupato, triste o allegro».
Ma per lei che cos’è la musica?
«Sicuramente non è un dettaglio: ci aiuta profondamente a vivere, ci aiuta a cambiare umore, a farci ricordare, a farci innamorare. È inconcepibile pensare alla nostra vita senza musica, sarebbe molto più arida e lo è già abbastanza in questi anni. Non dico che sia tutto, ma è una delle cose meravigliose della nostra vita se sappiamo coglierla. La musica ha un peso notevole: passa dal cuore prima che dal cervello, è molto potente, molto più di tavole rotonde o dibattiti».
La sua musica come nasce? Lei come procede per creare i suoi brani, quando capisce di avere l’ispirazione giusta?
«Ho capito molto presto che non ci sono regole, per fortuna. Noi siamo in grado di spiegare quasi tutto dalle scienze, ma il meccanismo della creatività rimane comunque un po’ ignoto. Io prendo la chitarra in mano quando mi sembra di avere il desiderio di creare qualcosa, l’esigenza di raccontare qualcosa, ma che cosa faccia scattare quel clic nel mio cervello non lo so e per fortuna non lo sa neanche la scienza perché il meccanismo della creatività resta non spiegabile. Di solito sono le armonie e le sequenze di alcuni accordi che mi fanno venire in mente il soggetto, ma se dovessi dire che cosa le scatena è difficile: ricordi, esperienze. E questo è bellissimo, perché attiene all’emotività. E alla sensibilità».
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