IL MESSAGGIO
«L’ideologismo green affossa la manifattura»: Pasini all’attacco
Il nuovo presidente di Confindutria Lombardia: «Europa troppo poco pragmatica»

«L’ideologismo green sta affossando la manifattura che è il cuore produttivo dell’Europa». Gioca subito d’attacco il neopresidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Pasini, bresciano, classe 1961, presidente di Feralpi Group, tra i principali produttori siderurgici del Vecchio Continente. «Noi Europa siamo nati dalla Ceca, la Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio. Non sono un nostalgico, ma le nostre radici ci devono ricordare la nostra identità e i nostri valori», ha ribadito nel suo discorso di insediamento oggi, venerdì 31 gennaio, a Milano. Pasini prende il testimone da Francesco Buzzella.
«EUROPA TROPPO IDEOLOGICA»
«La Lombardia è la prima regione manifatturiera d’Italia, la seconda in Europa e rappresenta oltre un quarto dell’export nazionale grazie anche al contributo delle Pmi che sono la dorsale della nostra imprenditoria. Da qui dobbiamo partire, guardando alle nostre eccellenze in un contesto economico internazionale mutevole, che vede l’Europa troppo ideologica, troppo poco pragmatica e debole, stretta tra Usa e Cina, orfana tanto di una politica industriale quanto energetica», ha aggiunto Pasini, che ha avuto tra i suoi più grandi sponsor il presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi. «Non siamo contrari al Green Deal come imprenditori, anzi; credo che le imprese si stiano muovendo in questa direzione, ma dobbiamo arrivarci sani e competitivi. E in questo modo, purtroppo, i dati dimostrano il contrario», ha chiosato il neopresidente degli industriali lombardi.
«PATRIMONIO A REPENTAGLIO»
«Ribadito che la Lombardia ha un patrimonio di aziende che rischiamo di mettere a repentaglio, distruggendo un valore che è stato costruito in decenni, credo che sia giusto e doveroso ripartire dalla centralità della manifattura mettendola tra i primi punti dei programmi politici di sviluppo dell’Italia e dell’Europa. Se non affrontiamo con urgenza questa situazione, il rischio è chiaro e ha una definizione altrettanto chiara: desertificazione industriale e cancellazione delle eccellenze. Tra queste tra le più esposta è certamente la filiera dell’auto».
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