CORONAVIRUS
«Il recupero è lento»
Non basta guarire: lo pneumologo Antonio Spanevello spiega perché

«Il recupero del paziente è davvero lento. Non avrei mai immaginato di imbattermi in polmoniti con degli esiti così subdoli. E con tante ripercussioni anche psicologiche per i pazienti. Ma oggi è un bel giorno, abbiamo appena dimesso il primo paziente, un uomo di 47 anni che è tornato a casa e sta benone». Ieri sera, lunedì 6 aprile, era stanco dopo una lunga giornata tra 40 pazienti positivi al coronavirus ma felice di comunicare la buona notizia, la voce di Antonio Spanevello, docente di Malattie dell’Apparato respiratorio all’università dell’Insubria e direttore dell’Irccs Maugeri di Tradate, struttura privata che ha accolto i pazienti ancora positivi dimessi da vari ospedali e in fase di guarigione.
Da questa mattina, martedì 7, è attivo anche un reparto, destinato a crescere, composto di pazienti che dopo aver trascorso alcune settimane di ricovero, si sono negativizzati, cioè il tampone dice che l’infezione da Covid-19 è sconfitta, ma le loro condizioni sono ancora di difficoltà e debolezza, sia respiratoria sia motoria.
Una quarantina i pazienti ricoverati alla Maugeri nella “zona rossa”, i posti possono salire a 65: i pazienti sono inviati dal centro di controllo regionale e la loro degenza non è mai breve.
Professor Spanevello, le polmoniti e i problemi respiratori causati dal virus sono così anomali?
«Di certo ci si attendeva una evoluzione diversa, più veloce. Spesso in questi pazienti c’è bisogno di ossigenoterapia anche quando la situazione generale sembra buona ed eliminare le alterazioni respiratorie non è facile. In più va considerato che questi pazienti sono allettati da giorni e che quando arrivano da noi, nella fase post acuta in ospedale, hanno già passato settimane di ricovero, spesso in reparti ad alta intensità, dunque immobili. Il recupero è lungo».
Qual è la difficoltà maggiore nel seguire questi pazienti, usciti dalla fase acuta?
«Il fatto che molti test di funzionalità respiratoria devono essere rimandati, ma anche le valutazioni funzionali, come il test del cammino. La guarigione clinica avviene comunque in tempi lunghi, ma la funzionalità respiratoria è ancora più lunga da recuperare. Molti di loro sono guariti dal coronavirus ma non dal resto».
È davvero cambiata l’età media dei pazienti, rispetto all’inizio della pandemia?
«Noi abbiamo cominciato a valutarli da un paio di settimane e mi baso su quanto ho potuto vedere nella nostra struttura. Spesso i pazienti hanno anche altre malattie sulle quali si è inserito il coronavirus, ma di certo in Italia l’età media dei positivi è stata più bassa che in Cina: da noi sono stati colpiti anche ragazzi o giovani uomini. Uno dei pazienti della Maugeri ha meno di 30 anni, ha avuto la polmonite ma per le persone giovani in particolare la prognosi è tendenzialmente positiva».
I vostri pazienti sono spesso in ossigenoterapia o in ventilazione polmonare non invasiva. Come stanno emotivamente ?
«Sono molto provati, c’è grande ansia e preoccupazione, ma è inevitabile. E non solo perché magari hanno già affrontato un ricovero di venti giorni in ospedale, ma anche perché non vedono i propri cari da settimane e a parte il personale medico e sanitario sono comunque isolati. Essere spaventati è normale. Anche per questa ragione alla Maugeri di Tradate stimano attivando un servizio interno di supporto psicologico per alleggerire la fatica. Chi ha avuto il coronavirus ed è stato ospedalizzato è molto provato».
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