IL PERSONAGGIO
Dalla cravatta ai social
Remigi tra quarantena e Propaganda Live. «Anziani, che dramma»

«Sono tornato a Varese sabato scorso e ho visto subito un gran traffico in giro. Tutti non vedevano l’ora di uscire. Dico: va bene, ma usiamo il cervello».
Memo Remigi è di nuovo in città, dopo aver trascorso la quarantena nella sua seconda casa a Courmayeur. «È successo tutto all’improvviso, nel fine settimana del lockdown di inizio marzo. Ho raggiunto mia moglie Lucia (l’evergreen “Innamorati a Milano” l’aveva scritto proprio per lei), che deve stare lassù perché ha difese immunitarie molto basse, e da lì non mi sono più mosso. Ho avuto il mio daffare per convincere il sindaco che avevamo una ragione precisa per restare: lui i “milanesi” li voleva tutti a casa perché potenziali untori. Non c’era nessuno e mi sono goduto una natura bellissima. Vuoi mettere aprire la finestra e vedere il Monte Bianco? Sì, è stata quasi come una vacanza, ma in una prigione dorata».
Nonostante la quarantena ha continuato a lavorare per “Propaganda Live” su La7. Le sue inchieste via Skype, in cui scherza sempre con ironia e garbo, regalano un sorriso in un momento in cui c’è ben poco da ridere. La ricerca dei Remigi al mare per scroccare una vacanza è stata una trovata spassosa: «Devo ammettere che “Propaganda” mi ha regalato una seconda giovinezza, in cui ho scoperto anche i social. Giovani che non sapevano nulla del Memo cantante confidenziale degli anni Sessanta e Settanta sempre in giacca e cravatta, ora mi scrivono complimenti incredibili ogni volta che vedono le mie “stronzatine”: per alcuni sono un idolo. Devo tutto a Diego “Zoro” Bianchi e a Marco “Makkox” Dambrosio: sono geni e un po’ pazzi, ma io sono forse più pazzo di loro. Mi piace perché, pur essendo esplicitamente di parte, sono i primi a prendersi per i fondelli e a trattare la politica con ironia».
Sabato sera è apparso anche nella puntata di “Bersaglio Mobile” condotta da Enrico Mentana sul dramma delle case di riposo in provincia di Bergamo causa Covid-19… «Sì, è “passato” un estratto di un mio concerto in una casa di riposo di Clusone. Una delle tante esibizioni che ho fatto nelle rsa fino all’autunno scorso accompagnato dal pianista Roberto Sacchi e dai fratelli Viganò. Un’esperienza incredibile. Nelle case di riposo vedi anche tanta tristezza negli occhi degli ospiti, ma quando si cantano le canzoni della mia e della loro generazione, è come se rivivessero: si emozionavano, al punto da piangere. Ero l’unico che ci andava e qualcuno ha scritto su Twitter “più Memo Remigi nelle nostre vite”. D’altronde, chi ci mandi là a cantare, un rapper?».
Con la pandemia i vecchi sono stati davvero bistrattati: «Prima a dire che tanto di coronavirus muoiono solo i vecchi; poi quello che è successo nelle case di riposo; e ora i divieti a uscire di casa. Posso dire che è uno scandalo. Ma lo sapete che ancora oggi, e ancora di più con la crisi economica legata al virus, molti anziani mantengono figli e nipoti con la propria sudatissima pensione?».
Questi tempi serviranno a qualcosa? «Ho sentito tanti moralisti in queste settimane. Ora si vive con la strizza, ma non credo che le cattive abitudini cambieranno. Passata la tempesta, ritornerà tutto come prima».
Ultima cosa: un disco nuovo? «Ho alcuni pezzi nuovi, ma non mi decido mai. No, le collaborazioni con gli artisti di adesso in stile Morandi, che pure apprezzo e stimo, non mi interessano. I rapper? Se le cantano e se le suonano, ma tra pochi anni nessuno si ricorderà dei loro brani. È una moda che non consente di far diventare le loro canzoni un classico. Senza presunzione, le cose di 50, 60 anni fa le ascolti ancora oggi».
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