CORONAVIRUS
Tamponi rapidi, ecco come
Il professor Sessa spiega i dettagli del test in 70 minuti

I tamponi rapidi sono stati introdotti a Varese da una settimana. Sono i test che dicono se si è positivi al coronavirus in 70 minuti.
Non si tratta di iniziative nell’ambito privato della sanità ma una sperimentazione che viene condotta dall’Asst Sette Laghi, dopo aver superato le valutazioni necessarie e avere ottenuto il via libera dal comitato etico dell’Asst.
Si tratta comunque di un progetto sperimentale ma che consente di tagliare i tempi di permanenza in Pronto soccorso di ore e a volte di giorni, per i pazienti che si presentano in Ps e per i quali si sospetta che siano infetti.
Come funziona il test rapido? «Si parte, come per quello tradizionale, da un tampone rinofaringeo. Il test è composto da una miscela di reagenti pronta per l’uso», spiega il professor Fausto Sessa, direttore del Dipartimento Servizi e dunque del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale di Circolo. «Il test è rapido perché non necessita della procedura tradizionale di estrazione degli acidi nucleici che è necessaria nei test tradizionali e consente dunque un rilevamento rapido della presenza del virus».
Come è possibile accorciare i tempi di responso garantendo comunque un risultato attendibile? «Dipende dalla procedura. In quella tradizionale si procede con l’estrazione degli acidi nucleici. Le metodiche tradizionali prevedono prima la inattivazione del virus poi l’estrazione dell’RNA virale quindi la sua amplificazione mediante RT-PCR».
Lo strumento utilizzato per l’analisi dei tamponi si chiama Liaison Mdx «ed era già in uso nel laboratorio di Microbiologia dell’ospedale di Circolo: consente di fare un massimo di 8 test per seduta. Ma è proprio questo il suo obiettivo - prosegue il professor Sessa -. La rapidità per essere utile al Pronto soccorso per la gestione dei pazienti e per consentire al medico di Ps rapide decisioni sui percorsi dei pazienti».
Inoltre, sottolinea il docente universitario, «il test ha una alta specificità per il riconoscimento del genoma del nuovo coronavirus grazie alla rilevazione di diverse regioni dell’Rna virale».
La maggior parte dei test eseguiti (al massimo un centinaio al giorno) avviene ora per i pazienti del Pronto soccorso o per verificare la negativizzazione di quelli che dal Pronto soccorso “passano” agli altri reparti Covid, agli Infettivi e alla Pneumo. In Pronto soccorso i pazienti sospetti che arrivano ogni giorno variano tra i 20 e 30 ma negli ultimi giorni si è verificata una lieve flessione.
Il test rapido è stato introdotto da una ditta farmaceutica italiana e inizialmente valutato al Policlinico San Matteo di Pavia. La sperimentazione, condotta con l’Università dell’Insubria, viene coordinata dal professor Walter Ageno, direttore del Pronto soccorso.
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