CORONAVIRUS
Tennis in Sardegna: famiglia denunciata
Bustesi in quarantena a San Teodoro sorpresi mentre andavano al campo a giocare

Un mese fa, alle prime avvisaglie di paralisi causa pandemia, fecero quello che buona parte dell’italiano medio ha fatto e ancora sta facendo: in spregio al rischio di spargere virus ovunque, partirono per la seconda casa.
Non in Liguria, non in Val Vigezzo. In Sardegna. Era un paradiso all’inizio di marzo, clima perfetto, turismo gestibile, nonostante l’invasione di 11mila forestieri approdati sull’isola per lasciarsi tutto alle spalle.
E quando arrivò l’annuncio dell’isolamento della Lombardia, meglio ancora: la quarantena in Costa Smeralda è tutta un’altra storia. La vacanza della famigliola bustese - padre, madre e due figli studenti delle scuole superiori - lunedì è stata rovinata da una vicina di casa autoctona e spiona che ha chiamato i carabinieri. Perché ha visto uscire i quattro lombardi dalla loro abitazione di San Teodoro a dispetto del divieto imposto dal governo, calzoncini bianchi e racchette nel fodero: in piena epidemia, in una regione che non potrebbe sostenere l’espansione incontrollata di malati, stavano andando a farsi una partitina a tennis nel campo vicino.
Non è un mistero che i sardi, in questo periodo, vedano il «continente» come il nemico untore da cui difendersi.
Se poi l’invasore che viene dalle terre infette se ne frega dell’incolumità indigena, la guerra è conclamata. La pattuglia della tenenza teodorina sarebbe quindi stata allertata dalla dirimpettaia. I quattro bustesi hanno cercato di giustificarsi sostenendo tre concetti fondamentali: innanzitutto il campo da tennis si trova a due passi da casa, dunque il perimetro di tolleranza non sarebbe stato violato. Inoltre si tratta di una strada deserta, priva di attività o abitazioni, una sorta di sentiero nel mezzo della campagna. E soprattutto: se la vicina non si fosse impicciata, mai i carabinieri sarebbero passati da lì e loro non avrebbero dato fastidio a nessuno.
Niente da fare, la famiglia è stata denunciata ai sensi dell’ormai popolare articolo 650 del codice penale, reato che prima della pandemia era quasi sconosciuto. Della faccenda, gli indagati hanno subito informato l’avvocato di fiducia Lara Paladino, che a giorni depositerà una memoria difensiva corredata dalle fotografie del luogo, affinché si chiarisca che i quattro tennisti non sono trasgressori.
«In realtà», spiega il legale, «hanno avuto paura loro perché, stando a quello che mi hanno riferito, i militari erano privi di mascherina e di guanti, uno tossiva e in più hanno fornito loro la penna con cui firmare il verbale». E aggiunge: «Non ritengo che i miei assistiti stessero mettendo a rischio la salute pubblica o che abbiano avuto un comportamento irresponsabile. Chiariremo tutto con la procura di competenza».
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