INTERVISTA
Corrado Roi e il suo Ut

La Terra è infine devastata e l’uomo scomparso. Una nuova specie ne ha preso il posto, una specie che ci somiglia esclusivamente d’aspetto, visto che ha capacità limitate e ubbidisce solo bisogni ancestrali, primo tra tutti mangiare, anzi, mangiarsi gli uni con gli altri. Uno di questi esseri infantili, crudeli ed elementari si chiama Ut e ha due compiti precisi: cercare, per conto dell’entomologo Decio, i pochi insetti non ancora estinti e sorvegliare un’antica tomba monumentale cui nessuno deve avvicinarsi.
È da qui che prende avvio «Ut», nuovo personaggio e nuova storia a firma di Corrado Roi, il disegnatore di Dylan Dog nato a Laveno Mombello nel 1958. «Ut» è stato nella mente di Roi per anni sotto forma di materiale magmatico e caotico, fino a che disegni e annotazioni non hanno cominciato a trovare ordine e senso diventando una miniserie scritta e disegnata con Paola Barbato, un’altra autrice della scuderia Sergio Bonelli Editore.
Il tempo dopo l’uomo e i conflitti tra le nuove specie sono al centro della piccola e inquietante saga che è già arrivata alla sua terza puntata, uscita come le precedenti in due edizioni, una per le edicole (il 25 maggio) e una per le fumetterie (l’1 giugno). La quarta puntata, invece, è attesa per il 23 e il 27 giugno.
Corrado Roi, «Ut» è una saga che è stata a lungo in un cassetto: perché pubblicarla proprio adesso?
Perché fino a poco tempo fa la casa editrice non stampava miniserie così brevi, dovevano durare almeno 18 numeri. Ut non era pensato per avere un respiro così lungo e infatti la miniserie è composta solo da sei albi. Così, ora che l’opportunità è diventata concreta, Ut è uscito dal cassetto ed è arrivato tra le mani dei lettori».
«Ut» racconta la vita sulla Terra dopo la scomparsa dell’uomo: perché ci siamo estinti?
«L’uomo scomparirà di sicuro; si sono estinti i dinosauri, per quali ragioni noi non ci dovremmo estinguere? Quello su cui mi sono voluto interrogare però, quello che mi interessava davvero, era capire quel che sarebbe rimasto dell’uomo, le dinamiche e i comportamenti che si sarebbero scatenati dopo la nostra scomparsa».
E come si è immaginato la Terra senza di noi?
«Più che immaginarla nella sua globalità, io e Paola Barbato abbiamo esplorato piccole parti di questo pianeta senza di noi. Non c’è una visione generale come quella che si avrebbe in un mondo da supereroi. Tutto è molto più complesso e frammentario».
Per ogni albo della saga sono previste due versioni, una per le edicole e una per le fumetterie: perché?
«Per offrire esperienze di lettura diverse. La versione da fumetteria differisce da quella da edicola per le variant cover realizzate di volta in volta da un disegnatore ospite e per l’aggiunta in ogni numero di un dossier. Per il primo numero le edizioni sono state addirittura tre, una pensata apposta per la fiera di Cartoomics a Milano, dove Ut è stato presentato al pubblico per la prima volta. La punta numero 4 sarà in edicola il 23 giugno, mentre nelle fumetterie arriverà il 27».
La saga è un lavoro che ha voluto condividere con Paola Barbato...
«Paola è un’amica di cui apprezzo molto la scrittura, anche perché sa moderare alcune mie forme spigolose. Per la creazione di Ut è stata la figura motivante, quella con cui ho parlato dell’idea sin dall’inizio. Sarebbe stato assurdo pensare ad altri».
Qual è la caratteristica che lega tutte le sue produzioni?
«È difficile rispondere perché sino a oggi tutte le mie produzioni sono state collaborazioni. Qui invece c’era un prodotto d’autore, per realizzare il quale ho condiviso poi l’impresa con Paola».
Quali sono i suoi maestri, del passato e contemporanei, e da dove trae ispirazione?
«Sono 42 anni che faccio questo lavoro e sono stato fortunato. Quando ero ragazzo ho conosciuto autori di pubblicazioni cosiddette di vetrina: veri e propri maestri del fumetto. Durante la mia carriera molti mi hanno avvicinato a Battaglia, non nel tratto ma nelle masse (simili anche a quelle di Toppi) e nelle sfumature. Poi io stesso ho avuto più stili e modi di lavorare differenti. Per Ut ho scelto questo stile specifico, che però nel corso dei sei numeri si modifica perché gli ultimi albi saranno più espressivi dei primi».
Lei è sempre rimasto a Laveno, non ha dato ascolto alle sirene di Milano… Cosa c’è di così magico nella sua città?
«Ho abitato un anno a Milano quando studiavo. Ma le sirene erano assordanti e io avevo bisogno di silenzio per pensare. Laveno invece è un luogo bellissimo, perfetto per concentrarsi. Certo, poi sta sempre all’uomo non rovinare quello che di buono c’è...».
Laveno è presente in «Ut»?
«Sì, ci sono scorci ed elementi del passato e del presente della cittadina. Alcuni angoli non esistono più, altri sono diversi dal reale. Avrei voluto inserire più cose, ma la storia era così complessa da non permettere ulteriori scenari e ho voluto privilegiare i personaggi e i loro rapporti».
La sua è una lunga e bella carriera: ci racconta un aneddoto, una soddisfazione, un premio particolare…
«Premi ne ho ricevuti tanti, ma devo dire che non li amo particolarmente. Non mi piacciono gli applausi, non perché sia snob, ma perché mi sento poco adatto a riceverli. Un aneddoto divertente risale al mio primo fumetto. Era un fumetto erotico e quando andai in edicola per comprarlo non me l’hanno venduto. L’edicolante mi han detto che per acquistarlo sarei dovuto recarmi da lui insieme con mio padre».
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