PANDEMIA 2
Covid, allarme anche a Varese
L’infettivologo Grossi: «Paghiamo gli errori del “liberi tutti”»

Primo: non è vero che il virus è mutato o meno aggressivo. Secondo: a essere ricoverati sono moltissimi 40enni. Terzo: i grandi anziani costretti con il “caschetto” arrivano spesso da casa - non da strutture sanitarie - e sono stati infettati, presumibilmente, dai parenti più giovani.
I numeri sono fondamentali per comprendere la situazione, ma a volte basta l’immagine di un grafico per dire che il virus non è sconfitto: la curva del tasso di crescita dei positivi, nelle province di Varese, Milano e Monza Brianza, è “verticale”. Benché in numeri assoluti naturalmente i casi siano molti di più a Milano, le province appena citate sono quelle dove l’emergenza è più alta.
Se non è ancora allerta Covid negli ospedali, dove la preoccupazione si diffonde, lo è sul territorio. Il rischio è che una nuova ondata della pandemia si ripercuota sulle strutture sanitarie. Il che significherebbe due cose. La prima è che ci sono più persone che stanno male, la seconda, che il nostro sistema sanitario venga messo a dura prova.
A non rasserenare gli animi come invece hanno fatto tanti suoi colleghi nei mesi scorsi e a dirsi «fortemente preoccupato», è Paolo Grossi, infettivologo responsabile scientifico dell’unità di crisi aziendale dell’Asst Sette Laghi, con un ruolo regionale (è nel comitato tecnico scientifico lombardo per il Covid) e nazionale (è nel gruppo di esperti dell’Istituto superiore di Sanità).
Professor Grossi, che cosa sta accadendo?
«Stiamo pagando i comportamenti sconsiderati di molti nei mesi estivi e quel “liberi tutti” che ha cancellato i timori, soprattutto tra alcune fasce della popolazione: i giovani possono essere asintomatici, ma espongono a rischi alti gli anziani della famiglia e i più fragili».
Prima i tamponi si facevano in modo limitato, ora tutti fanno tamponi e dunque ci sono più positivi, è matematico, no?
«Certo in parte è anche così ma il problema è un altro: i sintomatici che stanno male e hanno bisogno di ricovero continuano ad aumentare. A fronte di una quota di asintomatici maggiore, abbiamo un numero considerevole di persone che devono essere aiutate nella respirazione, con il casco, o ricoverate in rianimazione».
Dagli ospedali e in particolare dall’Asst Sette Laghi arrivano messaggi rassicuranti sulla tenuta del sistema ospedaliero.
«I ricoveri non devono aumentare, la diffusione del virus va arginata, tutti devono avere comportamenti responsabili».
Che virus è, quello di queste settimane? I cittadini sembrano non percepire la gravità della situazione.
«Bisogna dire a chiare lettere che il virus non è mutato: chi sta male sta male esattamente come prima e questa ondata va fermata. Ora, inoltre, a essere ricoverate sono persone giovani, molte attorno ai 40-50 anni. Ci sono ancora gli anziani e molti fanno tenerezza: hanno un casco sulla testa, sono curati da medici e infermieri che si presentano come astronauti, non hanno contatti di alcun genere con i parenti: se per chiunque è una condizione difficile dal punto di vista psicologico, lo è ancora di più per persone molto anziane. A tutto questo non ci si abitua. E i nostri giovani che sfidano il virus nella movida e che disgraziatamente contagiano i loro padri, i loro nonni, dovrebbero pensare bene ai rischi cui espongono i loro cari».
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