IL CASO
Busto Arsizio: il giallo del peluche ritrovato
Labubu in via Pellico, si apre il dibattito: pezzo raro o falso?

Un peluche da quattro soldi o un prezioso pezzo da collezione? Salta fuori in una sera di mezza estate, tra via Silvio Pellico e il parco Comerio: è mercoledì 30 luglio quando su vicolo della Pace si avvista una creatura marrone con orecchie da coniglio, occhi grandi e lucidi e un sorrisetto maligno sul viso rotondo.
Il buffo, sinistro pupazzo viene notato da Virginia Tacchi, che lancia subito un appello sui social: «Se qualche bimbo ha perso questo peluche, sappiate che l’abbiamo lasciato sul lato della via, così che le macchine non lo rovinino». La piccola gentilezza è mossa anche dal pensiero che «chi l’ha smarrito, ripercorrendo la strada, possa ritrovarlo. Immagino abbia un valore affettivo – conclude Tacchi – quindi spero con questo messaggio di raggiungere il proprietario».
Ma «più che affettivo, ha un valore economico notevole», fa notare qualcuno in risposta al post di Tacchi: a suo dire, il pupazzo sarebbe «un ricercatissimo Labubu». Si tratta di una linea di peluche nata a Hong Kong nel 2015, che l’anno scorso ha conquistato un successo planetario.
Oggi, per i modelli più rari, ci sono collezionisti disposti a spendere cifre da capogiro, e non si tratta di qualche centinaio di euro: ha fatto scalpore, negli ultimi mesi, l’acquisto all’asta di un Labubu per una somma a cinque zeri.
Quello ritrovato a Busto, a giudicare dalla posa seduta, sembra appartenere alla versione “Have a seat”, fra le più popolari. Ma a far tornare tutti coi piedi per terra ci pensa Daniele Gallo, noto ai più come il volto di BlackBlade Barbershop a Busto, ma titolare anche, da fine 2024, della rinnovata cartoleria del don Paolo. È lì che Gallo ha iniziato a vendere, fra gli altri articoli, anche i Labubu, di cui si è fatto esperto nel corso degli ultimi mesi: «Ho continuato a cercare e documentarmi. Ora che li tratto di persona capisco ancora di più se un pezzo è falso o meno». E sul Labubu di vicolo della Pace, Daniele non ha dubbi: «La versione “Have a seat” ha un marchio sotto al piede che non si dovrebbe vedere a occhio nudo, ma solo con luce UV». Un dettaglio che mette in dubbio l’autenticità di quello ritrovato (il cui marchio è invece ben visibile nella foto), come anche la mancanza di «occhi con brillantini e denti ben definiti»: altri due elementi che Gallo segnala come costanti di un qualsiasi esemplare originale.
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