L’INVASIONE
Cozze e vongole cinesi all’attacco
Sono state avvistate insieme al gambero della Louisiana nel lago di Varese: «Sono molto pericolose»

Nel lago Ceresio sono comparse specie di molluschi alloctone, ovvero non caratteristiche del bacino. In un caso si tratta di una prima apparizione, in altri casi, invece, queste presenze, già riscontrate l’anno scorso, si sono improvvisamente moltiplicate.
A constatarlo è stata Nicoletta Riccardi, la ricercatrice del Cnr Irsa di Ispra che, durante la Giornata del blu pulito, ha raccolto diversi esemplari. «La Corbicula fluminea e la Dreissena polymorpha sono aumentate molto di densità - spiega Riccardi - mentre la Sinanodontia woodiana l’anno scorso non era presente. La prima è una sorta di vongola cinese, mentre la seconda è la cosiddetta cozza zebra. La Sinanodontia woodiana è la cozza, sempre di origine orientale, che vive nell’acqua dolce».
«Domenica ho visto anche il gambero della Lousiana - prosegue la ricercatrice del Cnr Irsa -. Questo, probabilmente, già c’era, ma attualmente il numero è aumentato. Questi sono dati nati dall’osservazione e preliminari, poi tornerò in agosto per fare un controllo più accurato».
La presenza di specie alloctone, soprattutto l’aumento della loro densità, è un fenomeno potenzialmente dannoso per la fauna ittica locale, per cui va sicuramente approfondito.
«I lati negativi della presenza di specie aliene sono moltissimi, ma non si possono liquidare in poche parole - specifica Riccardi -. La cosa fondamentale è che esse portano a uno squilibrio dell’ecosistema, anche se questa è un’estrema sintesi. Confermo che si tratta di un problema molto grave ed esteso. Quello che io farò subito sarà un controllo dei parassiti, perché le specie invasive potrebbero portarne con sé».
Le specie alloctone potrebbero essere arrivate fino al Ceresio da laghi o fiumi limitrofi (la Sinanodontia, nel lago Maggiore, è presente dal 2000 per esempio), attaccate alle scarpe dei turisti, piuttosto che alle barche o attraverso i pesci. «Sono specie che si diffondono molto facilmente - conclude la ricercatrice - ed è per questo che sono invasive».
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