CUCINA
Cinque piani di gusto e storia con Carlo Cracco in galleria

Chef Carlo Cracco ha da poco aperto il suo tempio del gusto nel salotto di Milano, Galleria Vittorio Emanuele II, e punta anche a riprendersi la stella Michelin persa a novembre. È un climax per il palato, il ristorante che sostituisce quello di via Victor Hugo: cinque piani dedicati alle diverse anime della ristorazione, dalle cantine del seminterrato alla sala per gli eventi dell’ultimo piano; in mezzo, il cafè-bistrot lungo la passeggiata della Galleria, il ristorante affacciato sulla cupola e un intero piano-laboratorio per le cucine.
Il cafè è il luogo più semplice e informale: colazioni, pasti veloci, piatti poco elaborati e pasticceria; la carta del ristorante, invece, è «in continuità» con quella di via Victor Hugo con i grandi classici come l’insalata russa caramellata, il risotto allo zafferano o il tuorlo d’uovo marinato. Nelle scenografiche cantine di abete rosso, oltre 2mila etichette e 10mila bottiglie, con un’importante selezione di vini italiani e francesi. Con 50 coperti al piano terra, 50 al primo piano, per un totale di 100 posti seduti e 150 in piedi, per lo chef vicentino il «mio primo vero ristorante è stato un parto plurigemellare; è come un piatto, si racconta attraverso ingredienti, sensazioni e profumi».
Un lavoro durato tre anni che omaggia non solo la cucina ma anche l’architettura della Galleria: «C’è un dialogo tra interni ed esterno, così come con la creatività della cucina di Cracco - spiegano gli architetti dello Studio Peregalli, che nel rispetto delle indicazioni della Soprintendenza di Milano ha seguito il progetto del ristorante - non si è spaventato delle decorazioni, non ha pensato che distraessero dai piatti». E infatti stucchi, affreschi, mosaici, carte fiorate e damascate, luci soffuse e velluti accolgono i clienti: «Ci piace questa sfida - racconta ancora lo chef - i ristoranti oggi sono nordici, asciutti, minimalisti».
Il pensiero di Cracco va poi a Gualtiero Marchesi, il grande maestro della cucina italiana mancato lo scorso dicembre, la cui pasticceria è proprio sua «dirimpettaia»: «Era il sogno anche di Marchesi. Mi sarebbe piaciuto oggi che ci fosse, ma ha deciso di lasciarci prima. Credo sarebbe fiero di quello che abbiamo fatto. Quando gliene parlai mesi fa, mi disse che ero matto», conclude.
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