L’OMICIDIO-SUICIDIO
Una vicina: «Ho sentito due spari»
Il giorno prima lui aveva salutato tutti

«Ho sentito un primo sparo, poi quando ho sentito il secondo ho telefonato a Pierluigi, per capire se ne sapesse qualcosa, ma non mi ha risposto». A parlare è una vicina di casa dei coniugi Lachi, che ieri mattina si trovava nella sua abitazione di via Cuasso al Piano e ha vissuto da vicino quei drammatici momenti: prima i colpi di pistola, appunto, poi l’arrivo dei soccorritori e delle forze dell’ordine, l’ambulanza che riparte a sirene spiegate per portare Pinuccia Anselmino in ospedale - dove morirà alcune ore dopo -, il carro funebre che se ne va con la salma di Pierluigi Lachi, il viavai di abitanti di Cuasso, di cronisti e di telecamere.
A Cavagnano, dove tutti più o meno si conoscono, era nota anche la passione dell’ottantenne per la caccia e proprio per questo le due esplosioni a metà mattina hanno fatto istintivamente partire la telefonata a lui. Ma la sua mancata risposta non ha fatto impensierire più di tanto. Del resto, nessuno poteva immaginare cosa fosse accaduto nella villetta. Pierluigi e Pinuccia, «una coppia di pensionati tranquilla e amata da tutti - spiega un residente della zona -. Lei aveva lavorato come impiegata a Varese, non la vedevo da qualche tempo, mentre lui era spesso a passeggio. Dopo la lunga carriera in Svizzera come orologiaio, ora era in pensione».
E c’è un dettaglio che, alla luce di quanto accaduto, fornisce una prospettiva particolare sulla tragica vicenda: martedì, ossia il giorno prima dell’omicidio della moglie e del suicidio, Lachi aveva fatto visita ad alcuni abitanti di Cavagnano. Da alcuni si era fermato per un saluto, ad altri aveva portato in dono uova delle sue galline: avrebbe confidato di non passare un bel momento, ma pareva più legato ai comprensibili acciacchi dell’età, avendo superato ormai gli ottant’anni, piuttosto che a un incubo che gli stava crescendo dentro. Quella visita era stata un gesto da buon vicino, quale in effetti era Pierluigi, ma che per alcuni aspetti era apparsa inusuale: «Era sempre cortese e sorridente quando lo si incontrava – spiega una donna -, ma la sua volontà di citofonare apposta per scambiare due chiacchiere e un saluto, ieri (martedì, ndr), è sembrata un po’ insolita. E vedendo quanto è poi accaduto si tratta di un aspetto che potrebbe avere un significato preciso».
Suggestioni? Forse. Ma nei prossimi giorni i carabinieri della Compagnia di Varese e quelli del Nucleo investigativo dovrebbero sentire alcuni residenti della zona per capire qualcosa di più sulla scintilla che ha spinto l’anziano a impugnare la pistola e fare fuoco contro la moglie e poi contro se stesso.
Tra gli aspetti che ieri mattina, prima che la notizia si spargesse, ha insospettito i vicini c’è senza dubbio il dettaglio del cancello lasciato spalancato: «Di solito lo apriva soltanto per il tempo necessario al passaggio – raccontano in via Cuasso al Piano – invece questa volta è rimasto così a lungo, fino a quando poi sono arrivati carabinieri, ambulanza e vigili del fuoco». Questo per la volontà, forse, di agevolare l’ingresso di forze dell’ordine e soccorritori, che lui stesso aveva allertato con una telefonata dopo aver ferito a morte la moglie e prima di togliersi la vita. In attesa di risposte e di conferme, resta il fatto che ieri mattina la pace e il silenzio dei boschi di Cuasso sono stati scossi da una tragedia inimmaginabile.
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