ALPINISMO
Della Bordella in Groenlandia, un’impresa da brividi
Il varesino Matteo Della Bordella e altri tre compagni hanno aperto una via sull’inviolata parete nord-ovest del Drøneren

Ci sono poche cose che danno emozioni forti come quelle donate da una spietata parete di roccia. Soprattutto se quella parete si rivela essere testarda e inviolata, figlia di una terra sconosciuta e quasi intoccata. Milleduecento metri di dislivello verticale di attacchi e tiri tutti da scoprire, tutti da inventare. Milleduecento metri che spiccano tra i ghiacci. Milleduecento metri grigi che contrastano con il blu profondo dell’acqua e il rosa acceso del cielo. Milleduecento metri che invitano a farsi scalare.
L’IMPRESA
E il varesino Matteo Della Bordella e i compagni Symon Welfringer, Silvan Schüpbach e Alex Gammeter non se lo sono fatti ripetere due volte. Sono partiti l’11 luglio per questa spedizione che, oltre all’importante difficoltà di scalata, li ha messi davanti a una difficile sfida logistica per coprire i 300 chilometri di avvicinamento in kayak dalla cittadina di Tasiilaq alla parete, in una zona ricca di fiordi. Oltre a questo, il punto di arrivo in kayak era un antico insediamento inuit, abbandonato negli anni ‘70 su ordine del governo poichè - visto l’isolamento - risultava troppo costoso far arrivare alla popolazione i servizi necessari. Da qui, ai quattro è servito un ulteriore giorno di avvicinamento a piedi. E non è tutto, dato che una volta partiti non sarebbe più stato possibile rifornirsi, gli alpinisti hanno dovuto pagaiare con un totale di 320 chilogrammi di attrezzatura (80 chili a testa calcolati al centesimo) tra cibo e ferri del mestiere. La scalata della parete nord-ovest del Drøneren, in Groenlandia, quindi, ha dato tutte le fatiche e le soddisfazioni che la sua immagine di bella e proibita prometteva. Matteo e compagni hanno impiegato quattro tentativi, prima di riuscire nella salita, tre dei quali abortiti a causa delle previsioni meteo e l’ultimo a causa di una scarica di sassi che fortunatamente non ha avuto conseguenze.
LA SALITA
Ai quattro alpinisti è stata concessa una brevissima finestra meteo favorevole, che li ha portati alla decisione di scalare il più velocemente possibile alternandosi al comando. «La parete è bellissima, con una roccia fantastica. In totale la salita è durata 5 giorni e raggiunge difficoltà fino al 7b - spiega Matteo. Per i meno avvezzi, “il 7b” fa parte dei gradi di valutazione della difficoltà di una scalata e l’Union Internationale des Associations d’Alpinisme oggi prevede fino a oltre il decimo grado - Sono 1200 metri di dislivello su cui abbiamo aperto 35 tiri, tutti scalati in libera - continua Della Bordella, sottolineando come le corde fossero semplicemente di sicurezza e non ausili all’ascesa - In parete abbiamo lasciato solo le soste, ci sono molti tiri veramente belli, e il 7b in particolare è molto psicologico. Rientrati ai piedi della parete i quattro hanno avuto ben poco tempo per riposare. Con le scorte di cibo ormai ridotte all’osso, hanno preparato i bagagli e caricato i kayak, iniziando subito il lungo viaggio di rientro attraverso l’oceano artico.
LA PARETE
La parete nord-ovest del Drøneren era stata in precedenza vista e tentata dallo scalatore americano Mike Libecki che, intorno al 2015 si era avventurato in questa piccola porzione di Groenlandia tentando un avvicinamento in barca, ma rimanendo bloccato dal ghiaccio. Un viaggio complicato, per lui, che ha visto solo un timido tentativo sulla parete. Per Matteo, Symon, Silvan e Alex, invece, è stata tutta un’altra storia, e l’organizzazione logistica del progetto ha preso forma velocemente, anche se dicono: «Ci siamo basati su pochissime informazioni, solo una fotografia di Libecki. L’unica nostra certezza erano i tempi della spedizione: 30 giorni. Così sono riusciti nella loro ambizione di realizzare una spedizione a basso impatto ambientale, contando solo sulle proprie energie: 10 giorni per l’andata, 10 per scalare e 10 per tornare alla cittadina di Tasiilaq, con nemmeno duemila abitanti.
«Dopo tutti i tentativi andati a vuoto avevamo quasi perso le speranze, - dice Matteo Della Bordella - invece finalmente le cose sono andate per il verso giusto.
Alla fine ce l’hanno fatta: un’impresa da milleduecento metri (e più di 600 chilometri) tutta a impatto zero.
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