ACCUSE FASULLE
«Mio marito mi violenta». Ma era una vendetta
Alla sbarra per maltrattamenti, il giudice lo proscioglie

Non tutte le denunce sono fondate, non tutte le donne che lamentano maltrattamenti sono vittime. Ci sono anche quelle che bussano alle porte di associazioni e forze dell’ordine per consumare una vendetta personale.
Emblematico il caso finito nei giorni scorsi al vaglio del gup di Busto Arsizio Luisa Bovitutti: alla sbarra, difeso dall’avvocato Matteo Porrello, un quarantacinquenne di origini albanesi, accusato dalla ex moglie di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale. Il giudice - nonostante il pubblico ministero abbia chiesto il rinvio a giudizio - lo ha prosciolto in fase di udienza preliminare perché il fatto non sussiste, esito non così scontato per chi si trova alle prese con la giustizia. Evidentemente tutte le dichiarazioni rese dalla trentacinquenne si sono rivelate completamente fasulle.
Cosa l’avrebbe spinta a trascinare il padre dei suoi figli in un tribunale, costituendosi pure parte civile? A quanto pare la gelosia, il senso di rivalità nei confronti della nuova compagna dell’uomo. Decisive si sono rivelate due veementi telefonate che la donna fece all’ex: nel profluvio di insulti che gli vomitò addosso, nemmeno un cenno a percosse subite o soprusi. L’unico rimprovero? «Mi hai tradita, sei andato con un’altra». Ai carabinieri - e alla onlus alla quale si rivolse nel 2015 - invece raccontò altro. Disse che il marito per anni l’avrebbe segregata in casa, impedendole di avere contatti con chiunque e addirittura di imparare a parlare italiano. Sempre a detta sua, l’imputato non le avrebbe neppure consentito di prendere la patente. Poi parlò di disinteresse totale nei confronti dei loro figli, di botte, insulti, di un rapporto sessuale al quale era stata costretta con la forza. Ma le prove portate dalla difesa l’hanno smentita.
Ci sono le versioni contraddittorie fornite agli inquirenti in fase di indagine. Tanto è vero che l’uomo sporse contro di lei una denuncia per calunnia che però finì sulla stessa scrivania del pubblico ministero che procedeva per i reati contestati e quindi venne archiviata. Ma già nella sentenza di archiviazione il gip evidenziò le numerose incongruenze nelle dichiarazioni della presunta vittima. Che alla fine era solo una moglie ferita da un tradimento.
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