«DECISIONE SOFFERTA»
Dopo 118 anni di storia chiude la “Marmi Cassani”
L’attività, nata a Viggiù, si è trasferita a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta sulle sponde del lago Maggiore. «Troppa burocrazia e nessuno che voglia continuare»

Chiude la Marmi Cassani un’azienda a impronta artigiana, che vantava un’esperienza fondata su tre generazioni di marmisti della famiglia. Dopo 118 anni, Marco ha deciso di chiudere l’attività portata ad Arona dal nonno Giovanni, originario di Viggiù, uno dei centri più noti dell’Alta Italia per lavorazione della pietra e del marmo.
DA VIGGIÙ AD ARONA
«Mio nonno aveva frequentato l’antica scuola di Arti e Mestieri a Viggiù – racconta Marco Cassani –. Arrivò ad Arona, dopo alcuni anni passati a lavorare prima in Svizzera e poi in America, e rilevò un’esistente bottega artigiana di marmi sul corso Cavour fondando nel 1907 “La Cassani Marmi” un’azienda che ereditò mio padre Pierluigi e poi proseguita attualmente da me e dalla mia famiglia. La ditta nacque come laboratorio artistico/ornamentale con lavorazione prettamente manuale del marmo. La prima sede era in corso Cavour, poi nonno si trasferì in piazza de Filippi nei locali dove attualmente c’è una pizzeria, per poi passare nella sede attuale nel biennio 1959-1960 in via San Luigi con laboratorio ed esposizione in via Vittorio Veneto». Ad Arona “Marmi Cassani” è sinonimo di lavori per il camposanto con opere funerarie di pregio. «Non solo – specifica il titolare – abbiamo lavorato sulle abitazioni, sull’edilizia di interno e arredi di giardini, piani di cucina e top bagni, rivestimenti scale, davanzali e pavimentazioni». Marmo significa anche opera d’arte: «Tra le nostre lavorazioni abbiamo mantenuto però sempre un posto di rilievo per i lavori di restauro e i rifacimenti anche nell’ambito ecclesiastico. Abbiamo lavorato al restauro dei marmi del Sacro Monte Calvario di Domodossola e nel nostro curriculum abbiamo interventi religiosi a Scopello e Villata e altre».
«NESSUNO VUOLE CONTINUARE»
Ora lo stop dopo oltre un secolo di attività: «Il mio dipendente non vuole rilevare l’attività, io sono già in pensione da tre anni. In passato siamo arrivati ad avere anche cinque dipendenti, ora il lavoro si è ridotto con la concorrenza delle grandi aziende. Troppa burocrazia e manca chi vuole continuare l’attività. Lasciamo dopo 118 anni di lavoro, Una decisione sofferta, dettata dalla mancata continuità lavorativa, dagli aumentati costi di gestione, dalle nuove norme fiscali e gli aggiornamenti continui nel campo della sicurezza».
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