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"Eleganza fascista": Sofia Gnoli racconta la moda ai tempi del fascismo
In libreria dal 30 marzo, edito da Carocci

Roma, 1 apr. (askanews) - Vent'anni di moda dalla "donna crisi" alla sposa e madre esemplare vagheggiata dal regime fino alla "donna fiore" uscita dal secondo conflitto: questo il filo conduttore di "Eleganza fascista" (Carocci ed.) della storica della moda Sofia Gnoli. Il volume, in libreria dal 30 marzo, mette in evidenza il ruolo giocato dal fascismo per l'affermazione di una moda italiana indipendente da quella francese. Se in un primo momento il regime voleva sponsorizzare una idea di moda italiana a fini propagandistici, successivamente, soprattutto in epoca autarchica, la motivazione economica divenne sempre più importante.
Oltre alla parte squisitamente accademica, tra pellicce di topo colorato, turbanti e zatteroni di sughero, il libro, ricco di illustrazioni inedite, racconta vizi, vezzi e curiosità dello stile in epoca fascista, non ultimo l'italianizzazione del lessico che invase anche il campo sartoriale per cui il tailleur divenne "completo a giacca", le paillettes "pagliuzze" e la trousse la "scarabattola". Un altro aspetto imprescindibile a cui il libro dedica ampio spazio e dovizia di particolari è quello della produzione dei quasi leggendari tessuti autarchici, dal rayon, alla cisalfa, ai vari surrogati della lana come il lanital e l'angora. Brevettata nel 1935, in tempi di sanzioni per la guerra in Etiopia, il lanital era una fibra ricavata dal latte con cui venivano confezionati caldissimi, ma pare, maleodoranti maglioni mentre l'angora, ricavata dal manto di una particolare razza di coniglio, ebbe la sua regina in Luisa Spagnoli.
Insomma un periodo quello del ventennio fascita di grande fermento per la moda. E se non emersero nomi di particolare rilievo, ad eccezione di Salvatore Ferragamo, "il ventennio fu molto importante perché gettò i semi per la affermazione della moda italiana a livello internazionale del secondo dopoguerra", spiega l'autrice Sofia Gnoli, docente di Storia della moda alla Sapienza, Università di Roma. Insomma, cosa doveva avere la donna "fascista" nel proprio guardaroba, per potersi dire elegante? "Cappellini, scarpe a zeppa ma quel che non poteva mancare era la pelliccia, e ce ne erano per tutte le stagioni".
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