IL PROCESSO
«Figlia cicciona, sfondi il pavimento»
Papà alla sbarra: botte alla moglie, insulti alla figlia, violenze sui gatti. Ma lui conferma solo un’aggressione

Tre anni e sei mesi per il reato di maltrattamenti e assoluzione dall’accusa di violenza sessuale: questa la richiesta del procuratore aggiunto al termine delle requisitoria di ieri davanti al collegio presieduto da Nicoletta Guerrero.
A processo, difeso dall’avvocato Milena Ruffini, un trentacinquenne con seri problemi legati all’abuso di alcol e di droga che fino a settembre dell’anno scorso avrebbe vessato la compagna trentenne costringendola a condizioni di vita penosissime. La sua rabbia si sarebbe manifestata anche nei confronti della loro figlia, una bambina un po’ in carne che - a detta della ex - avrebbe più volte umiliato definendola «cicciona di m..., sei una palla, se salti sfondi il pavimento».
La sua aggressività si sarebbe sfogata anche con i gatti della bimba, due femmine e i loro dodici cuccioli che gironzolavano per casa: stando a quanto riferito dalla persona offesa, l’11 settembre 2019 - giorno in cui venne arrestato - avrebbe scaraventato fuori dalla finestra lo scatolone in cui aveva radunato i mici.
Ieri , mercoledì 7 ottobre, l’uomo (il caso riporta alla mente quello della mamma accusata di avere insultato la figlia disabile) ha affrontato l’esame e dato una lettura molto diversa di tutti i fatti contestati. Sì, è vero che quella sera dette «due pesanti schiaffoni» alla convivente, così violenti da spaccarle i denti e procurarle lesioni da 22 giorni di prognosi (aumentati poi a cinquanta), ma a detta dell’imputato fu un unico episodio dopo anni di sopportazione.
«Era disordinata, sporca, se ne è andata più volte da casa portandomi via la bambina, chiedeva sempre soldi, non faceva mai niente, diceva «Aspetto che vada in porto la cosa di Gornate»», ha detto il trentacinquenne facendo cenno a una vicenda di circonvenzione di incapace in cui vennero coinvolti i parenti della donna (costituita parte civile con l’avvocato Marika Pinton).
«Non puliva gli escrementi dei gatti, che trovavo anche nei cassetti, l’appartamento era impregnato di odore di urina dei felini». Ora la parola andrà al suo difensore.
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