CORONAVIRUS
Fase 2: i maggiori rischi al Nord
L’analisi della Fondazione Gimbe. «Piemonte, Liguria, Lombardia e provincia di Trento non sono fuori dall’emergenza»

La Fase 2, che scatterà da lunedì 4 maggio, porterà i maggiori rischi al Nord. Il più alto tasso di ritorno al lavoro si avrà, fra l’alto, nelle zone sottoposte a maggiore contagio. Sono queste le indicazioni che arrivano dalla Fondazione Gimbe.
«A quattro giorni dall’avvio della fase 2 - spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - il nostro monitoraggio indipendente sulle variazioni settimanali documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea».
Ecco i dati, evidenziati dalla Fondazione, che si riferiscono alla settimana 22-29 aprile.
Casi totali: +16.264 (+8,7%); decessi: +2.597 (+10,4%); rRicoverati con sintomi: -4.595 (-19,3%); Terapia intensiva: -589 (-24,7%).
«Se da un lato la Fondazione Gimbe condivide il principio di graduale riapertura del Governo - osserva il presidente Cartabellotta - dall’altro rileva che l’avvio della Fase 2 non rispecchia il principio della massima prudenza perché non tiene in considerazione le notevoli eterogeneità regionali delle dinamiche del contagio».
Nella settimana 22-29 aprile, l’80% sia dei nuovi casi, sia dei nuovi decessi, si concentra in sole 5 regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria.
Il modello Gimbe, che monitora l’evoluzione dell’epidemia tenendo conto della prevalenza (casi totali per 100.000 abitanti) e dell’incremento percentuale dei casi nell’ultima settimana a soli 4 giorni dalla ripartenza, evidenzia inoltre che «Piemonte, Liguria, Provincia Autonoma di Trento e Lombardia non sono ancora fuori dalla fase 1», con particolare attenzione per Liguria e Piemonte.
«Ad esclusione del Friuli-Venezia Giulia, anche tutte le altre Regioni del nord sono suscettibili di un incremento dei contagi, sia perché l’elevata prevalenza è un indicatore indiretto dei casi sommersi, sia perché si tratta proprio delle aree in cui si trovano la maggior parte delle attività produttive interessate dalla riapertura» è l’ulteriore considerazione.
Eccezion fatta per le Marche, le Regioni del Centro e soprattutto del Sud hanno invece prevalenza e incrementi percentuali sotto la media nazionale. «Con questo quadro epidemiologico - precisa il presidente di Gimbe - dal 4 maggio alcune aree dovranno sottostare a restrizioni eccessive che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria, per altre la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro, la maggior parte si concentra proprio nelle regioni dove l’epidemia è meno sotto controllo. E, soprattutto, occorre essere consapevoli che l’eventuale risalita della curva dei contagi sarà visibile non prima di 2 settimane».
«Come ogni decisione politica - conclude Cartabellotta - il Decreto del Presidente del Consiglio sulla Fase 2 rappresenta un inevitabile compromesso tra evidenze scientifiche ed interessi di altra natura. In particolare, il Governo ha dovuto necessariamente mediare tra le richieste dei governatori del Nord che spingono per la riapertura delle attività produttive e le istanze di quelli del Sud, contrari alla mobilità interregionale per timore di “importare” contagi. Con queste posizioni, modulare regole diverse secondo l’epidemiologia del contagio tra le varie Regioni avrebbe inevitabilmente fatto saltare il banco».
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