LE NOSTRE STORIE
Fucilato a 22 anni, torna a casa il soldato Biassoni
Dalla Polonia a Ferno: l’atto d’amore dei parenti di un giovane ucciso nel 1945 dai nazisti. Settimana prossima l’arrivo dei resti a Malpensa: Francesco ora riposerà con i genitori.
«L’ho fatto per una questione di giustizia, per una questione umana. E per metterlo accanto al suo papà e alla sua mamma». Non riesce a nascondere la commozione, Francesco Biassoni, lo stesso nome di quel primo cugino di suo padre che, ucciso nel campo di prigionia di Hindenburg, oggi Zabrze, in Polonia, uno dei sottocampi di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, dalla fine della guerra è sepolto nel cimitero militare italiano d’onore di Bielany. E che tra pochi giorni, dopo quasi ottantuno anni, torna a casa. Tornano i suoi resti, dopo che per anni il suo omonimo e la moglie Silvana Pinton, hanno fatto di tutto per poterli riavere e seppellire nella tomba di famiglia a Ferno, dove quel soldato morto a 22 anni appena compiuti, era nato il 14 dicembre 1923.
LA PRIMA RICHIESTA NEL 1974
La richiesta di riportare a casa la salma era stata fatta già nel 1974 dalla sua mamma, Giuseppina Bertolotti, nel 1974, ma allora la legislazione non permetteva che fossero rimossi i resti di caduti inumati in cimiteri di carattere permanente. Ora le cose sono cambiate e Francesco e Silvana non si sono lasciati andare allo sconforto anche quando è sembrato difficile, anche davanti alle spese da affrontare: nei giorni scorsi la notizia che i resti del loro cugino sono stati riesumati e presto saranno accolti in Italia. Con anche celebrazioni d’onore.
INTERNATO DOPO L’8 SETTEMBRE 1943
Per loro è importante che ciò che resta di quel ragazzo, internato militare dopo l’8 settembre 1943, quando come tanti altri suoi compagni si era rifiutato di servire la Repubblica di Salò, presto possa essere sepolto accanto ai suoi genitori. «Le prime notizie che ci erano giunte erano che Francesco fosse rimasto travolto nel campo di prigionia da un bombardamento russo», raccontano i coniugi Biassoni, «poi invece le ricerche hanno portato a ricostruire che è stato fucilato dai nazisti proprio il 27 gennaio 1945. Circa otto anni fa siamo andati al cimitero militare di Bielany per vedere dove era la sua tomba. Ma il desiderio di riportarlo nel suo paese non è mai venuto meno».
«NON DIMENTICHIAMOCI COS’È LA GUERRA»
Francesco Biassoni era un soldato nel 225° Reggimento di Fanteria di stanza in Albania: e fu catturato il 9 settembre 1943 sul fronte greco-albanese dalle forze tedesche in Albania. E mentre l’arrivo dei resti del soldato è ormai una questione di giorni, Francesco e Silvana Biassoni hanno parole profonde e che toccano il cuore: «Il nostro desiderio di riavere qui Francesco è andato finalmente a buon fine», dicono, «ma quello che fa male è pensare che ancora molti non hanno capito niente di che cosa accade con la guerra. Quello che è importante è non dimenticare quello che è accaduto perché non si ripeta. Non dimentichiamoci che in ogni guerra ci sono ragazzi che non tornano a casa più, e i cui resti possono essere sepolti lontani da casa, in luoghi dove non li conosce nessuno, dove nessuno porta loro nemmeno un fiore». E il fiore che presto potranno lasciare sulla tomba di famiglia anche per questo soldato che torna a casa dopo ottant’anni, diventa idealmente un fiore per tutti quelli che a casa non ci sono ancora tornati.
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