IL CASO
Truffato da tre donne
Anziano nel mirino delle “amiche” sinti: via 30mila euro in tranche da mille. All’appuntamento si presentano i carabinieri
Combattono per non essere sfrattati dal loro campo e nel frattempo qualcuno di loro si destreggia come può nelle aule giudiziarie. Sono tre le donne sinti finite a processo davanti al gup Patrizia Nobile con l’accusa di truffa ai danni di un anziano di cui avevano carpito la fiducia. Difese dagli avvocati Alberto Talamone, Diego Torta e Gianluca Fontana hanno scelto la via del patteggiamento, che verrà ratificato nella prossima udienza. Le pene concordate con la procura sono di otto mesi, un anno e un anno e quattro mesi.
Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, al settantottenne finito tra le loro grinfie avrebbero sottratto ben 30mila euro. La disavventura del nonnino, vedovo da anni, iniziò quattro anni prima della denuncia, quando aprì la porta di casa a una venditrice di abbigliamento porta a porta. Era una delle tre imputate che si presentò con un falso nome e che subito lo blandì con modi dolci e affabili.
Da quel giorno la donna iniziò a fargli visite costanti con la scusa di bere un caffè insieme e di fare quattro chiacchiere. Passò poco tempo prima che iniziasse a chiedere soldi con i pretesti più pietosi: «Non ho denaro per curarmi dal dentista, non ce l’ho per pagare l’assicurazione dell’auto, non ce l’ho per le spese quotidiane». Il pensionato, mosso da generosità e forse lusingato da quel rapporto di amicizia con una avvenente quarantenne, metteva sempre la mano al portafogli.
Trascorsi alcuni mesi, la donna gli comunicò che al posto suo sarebbe passata la figlia, perché lei era stata messa gli arresti domiciliari. «Ho bisogno di soldi per pagare l’avvocato e per sostenere il processo», gli diceva al telefono, «dai il denaro a mia figlia». Ogni volta erano botte da mille euro, contanti che l’anziano prelevava sia da un conto postale che da uno bancario.
Alla presunta figlia si avvicendò una fantomatica amica: nelle mani della ragazza finivano migliaia e migliaia di euro. «Non preoccuparti, se verso 30 mila euro il tribunale mi rimborsa tutto e ti restituirò ogni centesimo», assicurava la quarantenne.
Finalmente, in tutela del settantottenne, una fonte confidenziale si rivolse ai carabinieri per segnalare gli anomali prelievi di denaro effettuati dall’uomo. I militari si recarono da lui e si fecero raccontare la storia. Lui non voleva credere di essere vittima di un raggiro, «sono brave persone», spiegava. Quando si convinse della malafede delle sinti decise di collaborare e di preparare la trappola.
Il 4 ottobre dell’anno scorso prese accordi per l’ennesima consegna di denaro alla giovane, l’appuntamento fu fissato per l’indomani mattina. Ma il pensionato non ci andò da solo, lo accompagnarono i carabinieri che, d’intesa con il pubblico ministero Chiara Monzio Compagnini, arrestarono la donna in flagranza. Risalire alle complici è stato il passaggio successivo.
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