L’INCHIESTA
Caianiello tiene duro
Ieri il terzo interrogatorio in carcere: rimane dentro. L’ammissione consentirebbe patteggiamento e scarcerazione, ma il leader forzista deve ancora riflettere

L’ennesima chance bruciata. Ieri mattina gli inquirenti milanesi hanno dato ancora una volta la parola a Nino Caianiello, l’idea era quella di ottenere un’ammissione franca delle sue responsabilità in cambio di un patteggiamento adeguato.
Invece non ce l’ha fatta. Nemmeno imboccandolo è riuscito a pronunciare la parola «corruzione». Men che meno «tangente». Come Fonzie in Happy Days, il duro incapace di pronunciare l’enunciato «ho sbagliato».
E così il leader di Forza Italia, che è assistito dall’avvocato Tiberio Massironi, è tornato in cella, zittito al primo tentativo di spiegare le contestazioni in chiave politica. Anche perché contro di lui ci sono dichiarazioni concordanti e sovrapponibili di molti dei suoi coindagati, soprattutto quelle di Alberto Bilardo (che, difeso dall’avvocato Roberto Aventi, ha accettato un patteggiamento a tre anni e 52mila euro di multa) e Laura Bordonaro (per la quale accusa e legale Carlo Alberto Cova hanno concordato due anni di pena). E poi le confessioni piene, le testimonianze delle persone informate sui fatti, gli ulteriori riscontri investigativi.
Incredibilmente però i pubblici ministeri Silvia Bonardi e Adriano Scudieri (Luigi Furno non era presente perché in ferie) sembrano avergli concesso ancora uno spiraglio di redenzione. Caianiello avrebbe infatti chiesto di essere trasferito dalla sezione di Opera in cui si trova ora a una più intima, dove poter riflettere meglio, perché nella bolgia non è in grado di concentrarsi e di comprendere. Nessuno si è opposto, della sua necessità di ascesi è stata informata anche la polizia penitenziaria e dunque userà i prossimi giorni per scegliere quale strada del bivio intraprendere.
Riconoscere gli addebiti, ormai cementificati dall’inchiesta e dall’ulteriore compendio probatorio, guadagnando così la libertà e contenendo i danni. Oppure procedere a testa bassa verso il dibattimento, convinto di poter dimostrare di «non aver mai preso soldi per sé, ma soltanto per il partito e per Agorà». Il che potrebbe costargli una pena elevatissima, non inferiore ai dodici anni, considerando oltretutto la recidiva.
A fine agosto, quindi, Caianiello verrà riascoltato dal pm Furno, sarà il quarto confronto con gli inquirenti in poco più di tre mesi. Dopo di che verrà firmato il giudizio immediato.
© Riproduzione Riservata