LA SANITÁ
Un ospedale da salvare
Reparti in ritardo, sale operatorie chiuse: al Sant’Antonio tira aria di dismissione

Il Sant’Antonio Abate è un ospedale da salvare. Di questo sono convinti quelli che ci lavorano tutti i giorni. Che mettono la professionalità avanti a tutto, nonostante le strutture non sempre siano quelle al top. A chiedere di difendere il presidio gallaratese, inoltre, sono i pazienti che non possono perdere un punto di riferimento così importante.
SCENARI DI SMOBILITAZIONE
Ma perché questa levata di scudi? Semplice: l’annuncio della chiusura del reparto di Pediatria da sabato scorso ha riaperto inquietanti scenari di smobilitazione. Poi, per fortuna, la dirigenza dell’Asst Valle Olona ha preso tempo.
Lo stop estivo alle attività è rimandato, non si sa ancora di quanto. Resiste, però, la logica della concentrazione dei reparti. Passo inevitabile per arrivare all’ospedale unico (chissà mai quando sorgerà?).
Con o senza la nuova struttura bisogna comunque ragionare secondo una logica nuova, questo lo sta ripetendo ad ogni piè sospinto il nuovo direttore generale Eugenio Porfido. E l’ha detto anche giovedì a Busto Arsizio nel corso della conferenza stampa di presentazione della rinnovata équipe materno-infantile. Ma a Gallarate persistono i dubbi.
Basta fare un giro all’interno della struttura di via Pastori per rendersi conto che il senso di abbandono raccontato dal personale non è una fantasia.
Tanto meno sono frutto d’invenzione le ansie di numerosi pazienti che, fino a qualche anno, sapevano di avere nel Sant’Antonio Abate un sicuro approdo, mentre ora sono disorientati.
I BANDI SONO GIÀ VECCHI
Lasciando perdere il caso clochard (nonostante l’impegno dell’Asst e dei gruppi di volontariato ce ne sono ancora), saltano all’occhio alcune evidenti contraddizioni.
La prima si trova al secondo piano del blocco centrale, quello sopra il Pronto soccorso.
È qui che sono state realizzate quattro nuove sale operatorie.
I lavori sono terminati meno di un anno fa, all’incirca a ottobre del 2018 ma le sale sono ancora chiuse.
Eppure sarebbero il toccasana per smaltire gli interventi, anche quelli piccoli, e far tornare fiducia nell’ospedale gallaratese. Ma perché non sono state ancora aperte?
Mancano alcuni arredi e i bandi per provvedere a sanare questa lacuna finiscono per essere espletati quando ormai c’è già bisogno di strumentazione più moderna.
Poi c’è sempre il rischio di qualche ricorso. Insomma, la burocrazia ci mette lo zampino. E va ad aggiungersi a quella che - sul fronte gallaratese - ritengono sia una scelta politico-strategica: quella di trascurare il Sant’Antonio Abate.
POSTI LETTO RIDIMENSIONATI
Altro esempio?
Dal secondo si può salire al terzo piano. È qui che c’era il reparto di Chirurgia, ora spostato al quarto. Doveva essere un trasloco provvisorio in attesa di ristrutturare gli spazi esistenti. In verità sono mesi che le vecchie stanze sono sbarrate e non si vede lo straccio di un lavoro in corso.
Le camere sono state chiuse con tavole di legno per non lasciare entrare i clochard a dormire (era già successo) e pure in fondo al reparto ci sono lucchetti e catene per impedire di accedere in locali che attendono di essere sistemati. E pensare che qui potrebbe nascere un importante polo chirurgico, tornando ai posti letto precedenti al trasloco (forse qualcuno in più). Ma nulla si muove. Due indizi, dunque, fanno una prova.
Sale operatorie che non aprono si aggiungono al nuovo reparto di Chirurgia che non torna al suo posto e deve fare a meno di una decina di letto.
Se a queste due circostanze si aggiunge l’annunciata chiusura della Pediatria, si capisce perché a Gallarate c’è molta preoccupazione su un ospedale che ha fatto (fa?) parte della storia della città. Ma che ora rischia - se non di essere chiuso (questo non lo dice nessuno) - di finire ridimensionato, facendogli perdere quell’importanza e quell’attenzione che meriterebbe.
© Riproduzione Riservata