Citofono rotto, accusato di evasione
Ai domiciliari in via Macchi non aprì alla polizia: assolto

C’è chi ammazza e la farà sempre franca e chi finisce a processo per un reato non commesso.
Potrebbe scrivere un romanzo sul tema il cinquantanovenne assolto dall’accusa di evasione perché il fatto non sussiste: l’episodio che la procura gli contestava risale ad aprile del 2018, quando il gallaratese scontava una pena per spaccio di stupefacenti in regime di detenzione domiciliare con la possibilità di uscire quattro ore al giorno per lavorare e provvedere a esigenze varie.
Abitava in via Macchi, poco lontano dall’Esselunga, con la moglie, e spesso da loro si fermava il fratello. Le forze dell’ordine avevano l’obbligo di controllare che il cinquantanovenne seguisse le prescrizioni e rispettasse le condizioni imposte dal magistrato di sorveglianza che gli aveva concesso di uscire dal carcere.
Nessun problema per lui sottostare agli orari, peccato però che il citofono del condominio funzionasse a singhiozzo. O meglio, non funzionava mai e nessuno si decideva ad aggiustarlo.
Durante il dibattimento è emerso che ai carabinieri, per evitare incomprensioni o equivoci, l’imputato aveva dato il numero di telefono così, nel caso non sentisse il campanello, avrebbero potuto accertare la sua presenza in casa chiedendogli a mezzo cellulare di aprire la porta. Una questione di praticità, insomma.
Con la polizia no, gli agenti della squadra volante non vollero saperne di aggirare l’ostacolo. Così un giorno si presentarono sotto al palazzo per il controllo routine in una fascia oraria in cui il gallaratese avrebbe dovuto esserci. Suonarono, suonarono, suonarono. Nessuno però aprì, anche perché la moglie dell’uomo era andata al vicinissimo supermercato, e lui si beccò la denuncia per evasione. Non, non era andato in giro a festeggiare, come capitato a più d’un recluso ai domiciliari. Era andato semplicemente sotto la doccia e il fratello, sdraiato sul divano a guardare la televisione in attesa del ritorno della cognata con la spesa, non sentì alcun trillo. Perché - come ha sempre sostenuto pur non ottenendo mai ascolto - l’impianto citofonico era fuori uso.
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