L’INDAGINE
Coca: ex dipendente di Exodus a processo
L’uomo e i suoi cinque complici andranno davanti al gup a giugno. Il blitz lo scorso settembre

Tradì la fiducia di chi gli dette la possibilità di rifarsi una vita onesta, ora per l’ex dipendente di Exodus, trafficante di droga di spessore, è arrivato il momento di andare davanti al giudice: Myrtja Arben - che è difeso dagli avvocati Davide Toscani e Lino Terranova - comparirà davanti al gup Tiziana Landoni il 18 giugno.
In udienza preliminare anche Behar Gerguri, difeso dagli avvocati Fabrizio Cardinali e Cesare Cicorella e Matja Bledar (con Terranova), Angjelin Pulaj, difeso dall’avvocato Marco Brunoldi, Perparim Cami, assistito dall’avvocato Pietro Romano e Ilir Aliu (con Toscani).
Sono loro i perni attorno cui ha ruotato l’inchiesta della polizia di Stato, coordinata dal pubblico ministero Martina Melita e dai colleghi Massimo De Filippo e Stefania Brusa.
Il commercio di cocaina interrotto dagli inquirenti ebbe un’eco nazionale perché gli imputati sfruttavano la copertura della onlus diretta da Roberto Sartori, per movimentare chilate di stupefacenti. Usavano i cassonetti degli abiti usati per stoccarle, erano quelli i punti di riferimento per l’intera filiera del traffico, un paravento poco nobile considerando che è all’associazione fondata da don Antonio Mazzi cui i tossicodipendenti si rivolgono per liberarsi della dipendenza e intraprendere un percorso sano.
Non a caso la cooperativa 4Exodus si costituirà parte civile.
L’inchiesta era nata a luglio del 2020, grazie a una soffiata di un informatore della polizia. Gli investigatori riempirono di microspie e telecamere il furgone usato da Myrtja Arben per la raccolta degli abiti e il monitoraggio confermò l’attendibilità del confidente.
Studiando i suoi movimenti e le sue frequentazioni, gli investigatori di via Ragazzi del ‘99 riscontrarono una certa familiarità con Matja Bledar e soprattutto si accorsero che ogni qualvolta l’allora dipendente di Exodus si trovasse a rovistare nei cassonetti, in zona c’era Behar Gerguri. Unendo i puntini, si definì l’intera catena dello spaccio locale.
A proposito di albanesi e di droga, martedì scorso, 13 aprile, a Jerago con Orago è finito in manette, d’intesa con il pubblico ministero Ciro Caramore, l’ennesimo balcano fermato in strada per un controllo che ha dato esito positivo. E in casa aveva 10mila euro in contanti.
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