FORMAZIONE
Gallarate: «Mancano cuochi? Non qui»
All’istituto Falcone rifiutate ben 120 iscrizioni. Indagine sugli sbocchi lavorativi

Conta di avere i risultati tra un mesetto, Vito Ilacqua. Insieme ai suoi collaboratori il dirigente dell’istituto Falcone di Gallarate sta cercando di tracciare il percorso professionale dei ragazzi che negli ultimi tre anni si sono diplomati nella scuola superiore di via Matteotti che forma cuochi e operatori di sala, oltre che esperti della comunicazione.
L’obiettivo è semplice: capire cosa abbia funzionato e cosa no nel percorso scolastico degli studenti per migliorare il risultato finale, che per un polo formativo è indirizzare i giovani verso un futuro di realizzazione professionale. E quella in corso è un’indagine che promette di fornire indicatori utili anche oltre il perimetro dell’istituto cittadino che unisce in un’unica realtà l’indirizzo grafico e quello alberghiero.
Aule mai vuote
A Gallarate le aule non sono mai state vuote. «Più di così non saprei dove metterli. Abbiamo dovuto rifiutare circa 120 iscrizioni, considerando i diversi indirizzi», ricorda Ilacqua. Eppure la mancanza di cuochi è un tema che in via Matteotti è conosciuto e non viene sottovalutato. «Avessi avuto altri duecento ragazzi per gli stage avrebbero trovato un posto, la richiesta è stata abnorme», precisa il dirigente. E allora perché non si formano quei cuochi che le aziende sembrano volere tanto? Com’è che mancano nel solo Varesotto circa 400 professionisti? «Posso proporre lezioni di italiano o di diritto in didattica a distanza per aumentare i posti - spiega il numero uno del Falcone - ma se vogliamo più studenti ho bisogno di spazi e investimenti laboratoriali».
Le basi della cultura letteraria, insomma, si possono acquisire anche lontano dalle aule e il periodo di dad lo ha dimostrato, ma per la pratica culinaria il discorso è diverso. Non si impara a cucinare senza farlo e non si impara il servizio di sala senza mettersi alla prova. Da qui la proposta di Ilacqua, che ogni anno diploma oltre 150 studenti dell’indirizzo alberghiero: «Sono disponibile a un tavolo di confronto con la Provincia, l’ufficio scolastico e il mondo degli imprenditori».
Perché una direzione verso cui orientarsi va individuata insieme. Sia sul piano degli indirizzi di fondo sia su quello delle risorse da mettere in campo, a cominciare da spazi e laboratori per le scuole del settore.
In altri Paesi
C’è poi un’altra coppia di fattori che Ilacqua invita a considerare, nella crisi dei fornelli, oltre al tema del salario messo in evidenza nei giorni scorsi dall’associazione che riunisce i cuochi del Varesotto. «Molti ragazzi vanno a lavorare in Francia, in Svizzera o a Madrid, dove 1.200 euro li guadagnano più velocemente», osserva.
«Contrariamente a qualche anno fa - aggiunge - molti continuano gli studi dopo il diploma».
Un fatto positivo di per sé, che testimonia la bontà della formazione di base offerta dall’istituto, ma che fa calare il numero di coloro che si inseriscono nel mondo del lavoro subito dopo la maturità.
«Infine - rimarca Ilacqua - il trend demografico negativo fa diminuire il numero di ragazzi».
E anche questo conta.
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