VIOLENZA SESSUALE
Gallarate, palpeggia ragazza in strada: condannato
La giovane si era spostata per far passare il quarantenne su di un marciapiede stretto

Alzi la mano a chi non è capitato di camminare su di un marciapiede stretto e di spostarsi per poter far passare l’altro pedone? È successo dalle parti di via Monsignor Macchi, a Gallarate, una sera di fine luglio del 2019, anche a una diciassettenne di origini dominicane che si stava recando in centro per incontrare il fidanzato e alcuni amici. Nel suo caso però, il pedone a cui aveva fatto strada, mentre lei era intenta a conversare al cellulare con la madre, anziché ringraziare e passare oltre, le si era improvvisamente avvicinato e, senza dire nulla, l’aveva palpeggiata nelle parti intime.
LA REAZIONE
Questione di attimi. Terribili per la ragazza. Ragazza che, nonostante fosse sotto choc, era riuscita ugualmente a reagire mettendo in fuga l’aggressore entrato in azione approfittando della scarsa illuminazione in zona. L’uomo, M.S. , 40enne originario di Milano, all’epoca in libertà vigilata, era stato immediatamente individuato dagli agenti di due volanti che passavano in zona e alle quali la vittima aveva chiesto aiuto. Ieri l’altro, l’aggressore si è visto confermare la sentenza di condanna a un anno e otto mesi di reclusione in precedenza emessa dal Tribunale di Busto Arsizio. Violenza sessuale, la contestazione di reato. Reato molto grave da aggiungere a una fedina penale alquanto ricca di precedenti. L’imputato è stato inoltre condannato a risarcire 2mila euro alla parte offesa e ha subito l’interdizione perpetua da ogni attività di curatela, tutela e di amministrazione di sostegno.
LA LINEA DIFENSIVA
La sua linea difensiva? Sin dall’inizio ha sostenuto che la ragazza non avrebbe avuto «la percezione corretta dell’accaduto» e che lui si sarebbe «scontrato inavvertitamente con lei, colpendola sulle spalle». Per farla breve nessun palpeggiamento «tanto repentino quanto spregevole», per dirla con i giudici di Busto Arsizio. Lo scontro sarebbe avvenuto nella foga di raggiungere in tutta fretta la sede secondaria della comunità terapeutica nel quale aveva obbligo dimora. Temeva che se l’avessero trovato ancora fuori a quell’ora, gli avrebbero revocato la libertà vigilata. Non gli hanno creduto.
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