SANT’ANTONIO ABATE
Due diagnosi sbagliate, muore
Ospedale e radiologo condannati a 1 milione e 800mila euro di risarcimento

Se solo il radiologo si fosse accorto della massa tumorale, il settantatreenne si sarebbe potuto salvare. Ma per ben due volte, visionando due Tac effettuate a distanza di un anno una dall’altra, il medico non si avvide di nulla. E quando, in un altro ospedale, la neoplasia venne diagnosticata ormai era troppo tardi.
Per questo nei giorni scorsi il giudice civile Nicola Cosentino ha condannato l’azienda ospedaliera di Gallarate e il medico che non vide il tumore a un risarcimento totale di un milione e 800 mila euro, in solido tra di loro in favore dei quattro figli del pensionato e della moglie, tutti assistiti dall’avvocato Marco Stucchi che ha intentato la causa.
Il Sant’Antonio Abate, difeso dall’avvocato Giacomo Gussoni, a quanto pare è già pronto a ricorrere in appello. Nel frattempo è in corso anche il processo penale, che verrà definito a breve.
Tutto iniziò nel 2008, quando il paziente - che aveva già problemi alla prostata - si recò in ospedale per una visita di controllo. Secondo il radiologo che analizzò la Tac, l’esame dava esito negativo. L’anno successivo, l’uomo fece un altro controllo. Stessa struttura sanitaria, stesso radiologo, stessa diagnosi: tutto a posto. Nel 2012 però il paziente iniziò ad avvertire dolori sempre più forti alla schiena e, per puro caso, invece che rivolgersi al Sant’Antonio Abate si indirizzò a Busto Arsizio, dove venne sottoposto a risonanza magnetica. Il risultato fu sconcertante: neoplasia renale sinistra di quattordici centimetri con metastasi alla colonna vertebrale, ai linfonodi e ai polmoni.
Il medico bustese chiese alla famiglia di poter visionare tutti gli accertamenti effettuati in precedenza: nelle due Tac eseguite nel 2008 e nel 2009 la presenza del cancro era già visibile. Nelle prime immagini risultava di una grandezza di circa tre centimetri, in quelle del 2009 era cresciuto fino a cinque. Eppure il radiologo gallaratese non notà nulla. Sta di fatto che il settantatreenne venne sottoposto a intervento chirurgico ma a luglio del 2013 chiuse gli occhi per sempre. «Se tempestivamente rilevata, la neoplasia sarebbe stata aggredita chirurgicamente e asportata con un intervento radicale in grado di prevenire la formazione di metastasi e la recidiva», si legge nella sentenza del giudice Cosentino. Per il tribunale non ci sono dubbi «sull’attribuzione causale alla mancata diagnosi dell’evento morte».
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