LA SENTENZA
Stupro, padre e figlio assolti
Fatti di cinque anni fa. Lei era ubriaca, gli amici la smentirono

È un caso di stupro inventato sui due piedi, protagonista una donna che ha puntato il dito contro un innocente.
Il processo terminato l’altro giorno di imputati ne aveva addirittura due: un ragazzo di 29 anni e il suo patrigno quarantacinquenne. Secondo quanto riferì all’epoca dei fatti una giovane bresciana, i due l’avrebbero violentata insieme.
Difesi dagli avvocati Luca Abbiati ed Ermanno Talamone, i due hanno ottenuto dal gup Luisa Bovitutti il proscioglimento, dopo cinque anni trascorsi sulla graticola, impigliati in maglie giudiziarie di natura tra l’altro infamante.
La ventottenne - che nel frattempo è stata ricoverata in una comunità - raccontò alla polizia una storia articolata quanto orrenda. Insieme ad alcuni amici la sera del 29 marzo 2014 andò a ballare in una discoteca di Cassano, locale in cui incrociò il gallaratese, che in realtà era un cittadino tedesco, in vacanza a Gallarate ospite dell’uomo che l’aveva cresciuto come un figlio.
La bresciana, che l’indomani mattina chiese aiuto a una pattuglia mentre vagava in mezzo alla strada, spiegò di aver conosciuto il ragazzo e di essere stata convinta ad andare a casa sua. Lì, lui e il padre l’avrebbero costretta a rapporti sessuali brutali in una taverna e solo dopo una nottata horror sarebbe riuscita a salvarsi scappando.
Partirono subito le indagini, coordinate dal pubblico ministero Nicola Rossato (ora a Milano) ed emersero elementi di segno opposto. A partire dalla versione dei due uomini: fu la bresciana, completamente ubriaca, a gettarsi tra le braccia del tedesco, il quale - apprezzando la sua avvenenza - la invitò a casa.
E, assolutamente consenziente, l’allora ventitreenne trascorse ore di sfrenata passione, tanto che il patrigno a un certo punto scese in camera chiedendo un minimo di contegno, dato che stavano tenendo la famiglia sveglia. Dopo un paio d’ore di sonno, la ragazza si svegliò in stato confusionale, non riusciva a capire cosa ci facesse lì, chi fosse l’estraneo che la ospitava nel letto. Non trovando più la borsa, iniziò a urlare come una forsennata e ad accusare il ragazzo di avergliela rubata, a quel punto il genitore tornò in taverna e la cacciò di casa.
Non fu certo un comportamento gentile, ma d’altro canto aveva perso la pazienza. Ebbene, la giovane riscrisse la storia a suo modo. Gli amici, interrogati nel corso delle indagini, confermarono che fu lei a proporsi in modo inequivoco a lui e analizzando le loro chat emersero le abitudini un po’ libertine della presunta vittima. Il pm chiese comunque il rinvio a giudizio per i gallaratesi, ma i difensori sono riusciti a dimostrare l’altra verità.
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