LA SENTENZA
Violenza sessuale su minore: 4 anni e mezzo
Cinquantenne inchiodato da un particolare anatomico intimo

Pur di tirare il suo cliente fuori dai guai, ieri mattina l’avvocato Egon Bianchi ha chiesto al gup Piera Bossi una sorta di esperimento giudiziale che per ragioni di discrezione è opportuno omettere.
L’imputato - alla sbarra per violenza sessuale su minore - è stato condannato a quattro anni e mezzo, due mesi in più di quelli richiesti dal pm Francesca Parola. Una pena non certo tenue se si considera la scelta del rito abbreviato.
C’è ovviamente una spiegazione dietro l’ardita richiesta del difensore: la vittima indicò, a supporto degli abusi subiti, un dettaglio anatomico particolare dell’uomo. Tralasciandone però uno molto più vistoso. A parere dell’avvocato - che nella scorsa udienza aveva prodotto la documentazione fotografica dell’anomalia genitale - il ragazzo non avrebbe potuto non accorgersene, dunque i fatti contestati non potevano essere davvero accaduti. Ma basta guardare il ventenne negli occhi per percepire quanta sofferenza abbia vissuto a causa del compagno della madre. E non solo a causa sua. Per diciannove anni il giovane - che si è costituito parte civile con l’avvocato Katia Broggini - è stato in balia dei pedofili. I primi ad abusare di lui e quindi a finire davanti al giudice furono il padre naturale e lo zio.
La vittima aveva pochissimi anni, sua sorella era un po’ più grande di lui. I due piccoli venivano usati per soddisfare la libido malata del fratello di papà, che per quei rapporti raccapriccianti addirittura pagava il genitore. Gli episodi sarebbero durati dal 1999 al 2006.
Al termine del processo il padre fu condannato a dieci anni per sfruttamento della prostituzione minorile, aggravata ovviamente dal legame di sangue. Lo zio ne prese invece sedici per violenza sessuale sui nipotini. Le sentenze sono diventate definitive.
La madre all’epoca si costituì parte civile e con lei si costituì pure il cinquantatreenne condannato ieri mattina che nel frattempo aveva iniziato una relazione con la donna ponendosi come adulto di riferimento per i suoi figli.
E che, come ha deciso il giudice Bossi, a sua volta ha sottoposto il ragazzino a un calvario di brutalità.
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