IL CASO
Gavirate, un altro lupo. I consigli dello zoologo
Si susseguono le segnalazioni di avvistamenti, escursionista racconta l’incontro in località Ca de’ Monti

Si susseguono segnalazioni di presenza di lupi nelle nostre zone. Mercoledì scorso un esemplare era stato fotografato di notte in centro a Busto Arsizio, il giorno dopo su Facebook un gaviratese ha postato la notizia di averne avvistato uno in località Ca de’ Monti, alle falde del Campo dei Fiori. Solo per citare alcuni esempi. Queste righe non hanno la finalità di creare allarmismo, quanto quella di far conoscere la modalità di comportamento in caso di incontro.
Guida importante è Adriano Martinoli, docente di Zoologia e conservazione della fauna all’Università dell’Insubria di Varese che sottolinea da subito quanto sia fondamentale comunicare immediatamente l’esperienza dell’incontro, possibilmente corredata da foto o video per verificare se l’animale in questione sia effettivamente un lupo e non un cane lupo cecoslovacco, domestico, selezionato negli anni Cinquanta.
Quest’ultimo ha, infatti, una morfologia molto simile al lupo con il quale viene confuso, in quanto in questi ultimi anni è diventata una razza molto diffusa.
«Quindi avere segnalazioni è importante - spiega il docente -. La singola segnalazione di per sé è poco efficace nel poter ricostruire le dinamiche di spostamento o gli areali occupati dal lupo, ma se tante persone ne segnalano la presenza, ci danno la possibilità di unire i dati, offrendoci l’opportunità di definire le aree di presenza stabili, i corridoi di spostamento, capire se ci sono branchi insediati o singoli animali».
Professore, come comportarci in caso di incontro?
«Basilare è sapere che il lupo è un animale selvatico, predatore e, come tale, va tenuto a debita distanza. Non è un animale domestico che si può avvicinare mettendo cibo a disposizione o accarezzare come se fosse un cagnolino. Però nello stesso tempo non ha come obiettivo quello di sbranarci o farci del male. Il lupo nell’uomo non vede una potenziale preda, anzi tutt’altro. Ne vede una forma di disturbo e tendenzialmente tende a stare alla larga. Questo anche perché nel corso dei secoli, gli esemplari che si avvicinavano ai villaggi e depredavano gli animali domestici sono stati perseguitati e uccisi. Quelli che sono arrivati ai giorni nostri hanno maturato una grande diffidenza nei confronti dell’uomo. Occorre quindi avere rispetto e mantenere le reciproche distanze anche quando casualmente se ne incontra un singolo. Da questo punto di vista bisogna fare in modo che non subentri il panico nella popolazione».
Come mai scendono in luoghi dove non è stata registrata la loro presenza o al limite solo in passato?
«Il lupo vive in branco - strategia aggregativa per abbattere prede di grosse dimensioni come i cervi - formato dal maschio e dalla femmina cosiddetti alfa, cioè dominanti: sono gli unici che si riproducono con i cuccioli dell’anno che nel giro di pochi mesi raggiungono la taglia degli adulti. Quindi sono poco distinguibili da loro. Da noi i branchi sono intorno ai 5-6-7 animali, anche se negli ultimi anni ci sono state segnalazioni di gruppi più numerosi, ma non è la norma. Attorno all’anno di età, abbandonano la coppia e iniziano la dispersione che li porta a colonizzare nuovi territori e tendenzialmente a incontrare, se sono maschi una femmina e viceversa, per formare nuovi branchi. Gli animali singoli nella dispersione attraversano territori che non hanno mai visto in vita loro e capita che passino vicino alle case. In questa dispersione si hanno le maggiori mortalità per attraversamento di strade, linee ferroviarie. L’incidente mortale è sempre dietro l’angolo. È quello che è successo a quello che nel 2012 è stato investito vicino a Malpensa, e nel 2018 lungo le sponde del lago di Varese».
Intanto, nei giorni ascorsi, avvistamenti sono stati segnalati anche nei boschi del Vergante, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore.
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