IL FENOMENO
Hobby: cercatore d’oro
Lungo il Ticino appassionati in aumento: i loro racconti

Non è più «roba da pensionati», come qualche anno fa, né tantomeno folle corsa a insperati guadagni. Eppure la febbre dell’oro sulle rive del Ticino sta continuando a salire. Cresce il numero degli appassionati disposti a faticare per ore, magari per tornarsene a casa a bocca asciutta. E si moltiplicano in Internet i gruppi di giovani che si danno appuntamento per esplorare nuovi siti densi di promesse. Si calcola che in Lombardia il «giro» dei cercatori d’oro sul fiume azzurro coinvolga diverse centinaia di persone. Molte di queste, fra l’altro disposte a mettersi in gioco in campionati nazionali e mondiali di un’attività che sta assumendo i contorni di una disciplina sportiva.
Liberi di sognare
«Neppure la pandemia ci ha fermati, appena è stato possibile muoversi, abbiamo ripreso l’attività. Anche perché un cercatore d’oro agisce in solitudine, a stretto contatto con la natura». Sorride Giorgio Bogni, geologo e cercatore di pietre preziose da oltre un decennio, esponente dell‘«Associazione Oro in Natura», di ritorno da Schilpario dove ai primi d’agosto ha vinto il titolo di campione di cercatori d’oro delle Alpi Orobie.
Racconta con entusiasmo di luoghi, tecniche e avventure, provando a confutare stereotipi legati all’immagine, un po’ datata, dei cercatori d’oro stile Far West. E non riesce a nascondere l’amore per una tradizione antichissima tutta italiana, che oggi non è più il mestiere dei vecchi «cavà òr», ma offre emozioni illimitate «perché rende liberi di sognare e di costruire con pazienza la propria ricerca, anche interiore». «Il valore più grande che può trovare oggi chi cerca oro - prosegue Bogni - è quello di poter coltivare un hobby, che ci offre soddisfazioni come collezionisti di «reperti» scintillanti e che ci permette di praticare tanta attività fisica in una dimensione lontana dallo stress quotidiano e che, questo sì, ci accomuna ai pionieri per la forza dell’impegno, della fatica, della pazienza e della fantasia».
Proprio come i pionieri, del resto, i novelli cercatori devono destreggiarsi sul greto del fiume con strumenti legati alla tradizione e solo in minima parte rimodernati: stivali di gomma e «batea» (la padella del cercatore), cui si aggiungono setacci e canalina che permettono di eliminare le sabbie leggere mentre l’oro, che ha peso specifico maggiore, rimane sul fondo. Fra l’altro, considerando che i sedimenti preziosi che si trovano nel Ticino provengono dalle Alpi e sono stati trascinati a valle al termine delle glaciazioni, l’azione di erosione nei millenni ha fatto sì che l’oro presente nel Ticino sia privo di impurità, puro a 24 carati: il migliore in assoluto insomma.
Ma ci sono i furbetti
«La legge - spiega Bogni- consente la raccolta libera sul fiume, ma non permette l’utilizzo di mezzi a motore. Quindi si deve fare tutto a mano, come una volta». Peccato che soprattutto negli ultimi tempi, con l’aumento dell’interesse per la ricerca dell’oro alluvionale, si siano fatti avanti i soliti «furbetti» che sul fiume i motori, invece, li usano, a dispetto delle norme a tutela dell’ambiente naturale, mettendo in pericolo il delicato equilibrio su cui si regge questa realtà. «Così - conclude Bogni - si creano solo danni: all’ambiente e alla nostra stessa immagine, da sempre rispettosa della cultura e delle tradizioni. Noi sappiamo emozionarci per quelle «stelline che alla fine di una giornata di ricerca, vediamo luccicare sul fondo del setaccio. Sono piccole, ma schiudono un universo, come una poesia».
Ma quanto frutta cercare oro? Da una tonnellata di materiale setacciato si i possono ricavare tra i 5 e i 10 grammi di metallo prezioso. Più a nord si possono trovare anche frammenti che in qualche caso arrivano a misurare fino a 1,5 centimetri.
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