LA RACCOLTA
«I miei passi in-versi»
La poesia autentica di Gelsomina Perilli segnalata anche al Premio Quasimodo

C’è un modus poetandi che riflette la ricchezza di ciò che non è mai definitivo in assoluto, una scelta poetica che apre il sipario su una vita che è farsi e disfarsi continuamente. La poetessa Gelsomina Perilli racchiude questo fascino nelle centodue liriche della sua raccolta “Sui miei passi in-versi” edita da BookSprint edizioni. Una raccolta che anche grazie a questa forte impronta, ricca di immagini e accostamenti linguistici inediti in cui antico e moderno convivono, nel corso del 2017 ha ottenuto due risultati importanti: una menzione d’onore alla IX edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica Pegasus Literary Awards e la selezione della poesia “Le onde del grano” per la raccolta del Premio Internazionale Salvatore Quasimodo. Il volume del Premio Quasimodo uscirà nei primi mesi dell’anno appena iniziato ma Gelsomina - originaria di Calvello, in provincia di Potenza, ma varesina di adozione - ci ha parlato della sua raccolta poetica e della sua attività letteraria che l’ha portata dieci anni fa ad un cambio di rotta, abbracciando quella poesia che oggi sente come la sua autentica dimensione.
“Sui miei passi in-versi” è la sua prima raccolta poetica, ma in realtà il suo terzo libro…
«Sì, il vero e proprio passaggio alla poesia per me è avvenuto intorno ai trent’anni. Attraverso la poesia riesco ad esprimere la mia interiorità, ed è anche nel mio modo di parlare. Le rime sono parte del mio essere. Prima di questa raccolta ho scritto in prosa “Tra ombra e luce” nel 2002 e nel 2010 “La vita a piccole dosi” che è una raccolta di pensieri poetici». Come sei passata dalla prosa alla poesia?
«A vent’anni ho scritto il mio primo libro che era un saggio sull’amore. Al principio volevo solo stamparlo per le persone a me più care ma, complici i buoni consigli e all’incontro con una persona a cui devo tanto, sono riuscita a stamparne qualche centinaio di copie grazie al finanziamento di una banca locale. Con mia grande sorpresa le copie sono andate esaurite. In quel periodo mi aveva colpita la stima della gente nei miei confronti. Nel 2006 mi sono trasferita a Varese per lavoro e per dieci anni mi sono dedicata a quello. Ma mi mancava qualcosa. Nel 2010 ho pubblicato “La vita a piccole dosi” in cui ho raccolto scritti smarriti un po’ qui e là. Comunque c’era sempre una sensazione di mancanza. In quell’anno ho cominciato a scrivere le poesie contenute nella raccolta “Sui miei passi in-versi”. Gli ultimi dieci anni, in cui sono stata come una spugna, li ho messi tutti lì dentro. Sentivo di dover scrivere in qualunque momento. A volte mi svegliavo nel buio della notte. Quando l’ho finito mi sono sentita rinata e resa conto di aver trovato la mia dimensione».
Quale modo di poetare ti rappresenta?
«Quello che estrapola il mio modo di essere. Chi ha letto le mie poesie vi ha trovato una mescolanza di stili. Quando scrivevo, ad un certo punto mi sono resa conto che spontaneamente la mia mente andava a pescare termini provenienti da diversi registri linguistici».
E la sua prima opera ha trovato nuova luce.
«Sì, nel 2016 ho rieditato “Tra ombra e luce”(BookSprint edizioni), dedicato alla persona che nel 2002 mi aveva permesso di stamparlo».
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