SERIE A1
I ricordi del "Ragazzo di Madrid"
Enzo Carraria tra passato e presente: "Il derby con Cantù? Vinciamo noi"

l "Ragazzo di Anversa", ovvero l'amatissimo e compianto Sergio Rizzi, ed il
"Ragazzo di Madrid", ovvero Enzo "Lupo" Carraria. L'epica del basket
varesino negli anni '70 girava anche intorno a queste figure. Intorno a ragazzi
di belle speranze e di buon talento che dietro ai riconosciuti mostri sacri
cercavano in ogni occasione di ritagliarsi spazi di gloria e prestazioni da
consegnare agli archivi della memoria. Enzo Carraria, oggi impiegato di banca e felice papà di Erika,
centrò l'impresa in un magica notte madrilena di 35 anni fa. "Si giocava il
ritorno delle semifinali di Coppa dei Campioni, ovviamente contro il Real
Madrid. Noi ci presentammo al Pabellon Deportivo senza Dino Meneghin fuori causa
per una frattura al braccio e i madridisti - ricorda Carraria -, giocando in
casa e in condizioni di netto vantaggio pensarono a quella partita come ad una
formalità. Si sentivano già in viaggio verso la finale di Grenoble e così sicuri
del passaggio al punto di stampare con largo anticipo le locandine celebrative.
Purtroppo per loro Charly Yelverton disputò una partita di clamorosa bellezza e
li fece a pezzi mentre io, sotto canestro, feci la mia parte senza far
rimpiangere SuperDino. Da quel giorno, per i tifosi varesini, diventai il
"Ragazzo di Madrid"".
Coi ricordi varesini abbiamo cominciato quasi dalla fine, ma come furono
gli inizi? "Tutto cominciò quando il grandissimo Giancarlo Gualco, insuperabile
dirigente, sentì parlare di me. Allora, primavera 1973, giocavo nella Libertas
Udine e dopo avermi visto all'opera si accordò col presidente udinese e comprò
il mio cartellino. Non potete nemmeno immaginare l'emozione travolgente quando,
sei mesi più tardi, indossando la scintillante divisa dell'Ignis entrai al
"Carnera" di Udine per affrontare la Snaidero di Jim Mc Daniels davanti a
genitori, parenti ed ex-compagni di squadra. Roba da toccare il cielo con un
dito".
Altri aneddoti emozionanti?
"Tra i tanti mi è rimasta impressa la
rissa scoppiata contro Vila Nova in occasione della Coppa Intercontinentale
giocata in Messico nel 1974. I giocatori brasiliani, dopo mille provocazioni,
fecero un bruttissimo fallo su Aldino Ossola. In un attimo tutta la nostra
squadra, panchina compresa, reagì. Ricordo che il dottor Venino, ex pugile di
valore, ad ogni cazzotto ne stendeva uno, ma anche Bisson dietro ad un'aria
tranquilla, picchiava come un martello. Dopo un paio di minuti feroci, il gioco
riprese come nulla fosse e la sera, in albergo, si faceva baldoria insieme ai
carioca".
Quale il bilancio della sua carriera varesina?
"Il "conto" finale mi lascia fra le mani un'esperienza fantastica sotto il
profilo umano e sportivo e solo col passare degli anni ho capito quanta e quale
fortuna ho avuto nell'esser parte d'un gruppo di uomini - giocatori, tecnici,
dirigenti, staff -, tra i più importanti nella storia della pallacanestro
mondiale. Certo, non vedere quasi mai il campo era avvilente, ma il privilegio
d'aver giocato al fianco di grandissimi campioni e vissuto un'epopea
irripetibile rimarrà per sempre. Così come, dopo che per problemi fisici mi fu
negata l'idoneità a livello professionistico, resta il privilegio d'essermi
divertito fino a 44 anni nelle serie minori".
Oggi, cos'è il basket per lei?
"Una bellissima parentesi:
seguo la Cimberio, appena posso sono a Masnago. Da tifoso sono già in ansia per
il match contro Cantù e pur riconoscendo che loro sono più forti penso che
Varese col nuovo assetto farà bene. Poi, lungo la strada che separa Masnago da
Cucciago dentro i giocatori varesini aumenterà la carica perchè - conclude
"Lupo" -, certe emozioni si sentono. Oggi come allora".
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