CORONAVIRUS E RISTORAZIONE
«Concedeteci l’asporto»
Appello di Fipe: 600 locali sono a rischio chiusura

«Tutti i giorni ricevo telefonate da titolari di bar e ristoranti della provincia. Siamo passati dalla depressione alla rabbia e ora siamo arrivati alla disperazione. Molti di loro hanno seriamente paura di non riuscire ad avere un futuro». Giordano Ferrarese, presidente provinciale di Fipe Confcommercio e consigliere nazionale della federazione, è seriamente preoccupato e non solo per le parole che quotidianamente ascolta dai suoi associati. A rendere i suoi timori ancora più forti sono i numeri. Le previsioni dell’associazione, infatti, contano seicento tra bar e ristoranti della provincia a rischio chiusura, con 1.500 persone che potrebbero restare senza lavoro. Il settore, del resto, è sicuramente tra quelli maggiormente colpiti dagli effetti economici della pandemia. Non solo. A queste stime vanno anche aggiunte tutte le attività che si occupano di catering e banchetti: oggi sono a fatturato pari a zero e gli incassi, con tutta probabilità, riprenderanno a ritmo decente soltanto tra un anno.
«Servono interventi immediati», sottolinea con forza Ferrarese. E lui, così come i suoi associati, un’idea precisa ce l’ha. Si chiama asporto. «Occorre riprendere a lavorare al più presto - spiega - senza attendere la fase due, autorizzando l’attività di asporto anche per ristoranti e bar, ovviamente nel rispetto di tutte le norme in vigore a tutela della salute. Per molti di noi sarebbe una boccata di ossigeno importante».
Al momento, nessuna attività di ristorazione può preparare i prodotti e consegnarli al cliente alla cassa. «Innanzi tutto chiariamo che non stiamo parlando della consegna a domicilio, che spesso fa riferimento alle piattaforme on line - spiega il presidente - È il cliente che viene nel nostro locale, esattamente come oggi accade per i negozi di alimentari. Certo il tutto verrebbe organizzato seguendo scrupolosamente le indicazioni di sicurezza sanitaria. E non sarebbe nemmeno troppo complicato. Basterebbe assegnare appuntamenti di ritiro distanziati di dieci minuti. In questo modo non si avrebbero neppure le code fuori dal locale». Per i titolari sarebbe una boccata di ossigeno. Di sicuro non andrebbe a compensare le perdite dovute alle chiusure, ma consentirebbe di riprendere l’attività. «Tra l’altro anche i prezzi dei piatti potrebbero essere scontati - continua Ferrarese - dal momento che non c’è il servizio». Insomma, pare non ci siano contro indicazioni. «Anche perchè sul fronte della consegna a domicilio invece - precisa il consigliere nazionale Fipe - bisogna ricordare che le piattaforme che effettuano la consegna hanno una percentuale variabile tra il 25 e il 35 per cento sullo scontrino. Il che significa un incasso non completo per i ristoratori».
L’autorizzazione all’asporto, in ogni caso, non sarebbe sufficiente da sola. «Contemporaneamente - continua Ferrarese - bisognerebbe autorizzare anche la sospensione fino alla fine dell’anno del versamento di tutte le imposte e della tassa rifiuti. E quando potremo riaprire servirà poter usufruire dei voucher, quelli veri, adottati fino al 22016». Ferrarese sottolinea la necessità della «sospensione» e non della proroga «che servirebbe a poco o nulla, visto che prima o poi si sarebbe chiamati a pagare». Senza dimenticare poi i troppi punti interrogativi sulla cassa integrazione: «Abbiamo bisogno di risposte certe », conclude il presidente provinciale di Fipe.
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