SERIE D
I sassolini di Melosi
L’ex allenatore del Varese, domenica 6 novembre guiderà la Grumellese all’assalto dei tigrotti: «L’esonero? Ignobile. Busto? Vive di ricordi»

«Siamo una squadra che può dare fastidio a tutti. Se qualcuno ci sottovaluta, rischia grosso».
Giuliano Melosi avverte la Pro Patria: la sua Grumellese vuole continuare a stupire, come sta facendo da tre gare a questa parte (nove punti contro Pontisola, Virtus Bolzano e Cavenago Fanfulla, ndr). Il match di domenica 6 novembre al “Luciano Libico” di Grumello (ore 14.30) si preannuncia interessante.
«Sul piano delle prestazioni sono sempre stato soddisfatto, ma abbiamo buttato via qualche partita per peccati di ingenuità e errori individuali» - racconta l’ex tecnico del Varese
Adesso cos’è cambiato?
«Nel calcio spesso sono determinanti gli episodi e la fortuna. Ma il nostro atteggiamento è sempre stato positivo, siamo un bel gruppo compatto».
Contro il Seregno la Pro Patria è passata al 3-5-2, giocando forse la propria gara migliore. Allora i moduli contano?
«Fino a un certo punto. Credetemi: la differenza vera la fa l’atteggiamento dei giocatori. I moduli possono aiutare, ma non spostano i valori».
Che Grumellese si deve aspettare la Pro Patria?
«Una squadra che dopo queste tre vittorie di fila ha acquisito maggiore consapevolezza delle proprie qualità. Ora attacchiamo con molti più uomini rispetto a prima, non a caso nelle ultime tre partite abbiamo segnato cinque gol, mentre all’inizio facevamo fatica anche a tirare in porta».
Nella Pro Patria potrebbe rientrare Santana…
«Un giocatore che non c’entra nulla con la Serie D, ma neanche con la Lega Pro…
Per lo spettacolo è bene che ci sia, ma egoisticamente spero non giochi».
Che realtà ha trovato a Grumello?
«In questo momento ci sono delle difficoltà perché il presidente (Diego Belotti, ndr) vorrebbe lasciare. Aveva manifestato quest’intenzione già l’estate scorsa, poi ha comunque iscritto la squadra. Speriamo che qualcuno sia disposto a dargli una mano. Finora ci è rimasto vicino e noi lo stiamo ripagando. È senz’altro un posto dove si può lavorare bene: c’è un centro sportivo stupendo, non esistono pressioni, i giovani possono crescere».
A Busto invece le pressioni ci sono, eccome…
«Come a Varese. Sono piazze che vivono troppo di ricordi. Ma bisogna guardare al presente: oggi la Pro Patria è in Serie D. Un campionato difficile. Non puoi pensare di vincere le partite solo perché ti chiami Pro Patria. Anzi, c’è pure un’altra cosa da dire…».
Quale?
«Per gli avversari affrontare la Pro Patria è molto più stimolante che giocare contro il Cavenago Fanfulla. Contro le squadre blasonate danno tutti quel 10% in più. Lo vedevo l’anno scorso al Varese, quando chi giocava contro di noi sembrava stesse disputando la finale di Champions League. Non è facile salire al primo tentativo».
Chi vincerà il campionato?
«Il Monza. Ha un organico nettamente superiore a tutti gli altri».
Varese è una ferita rimarginata?
«La vita va avanti, ma certamente il trattamento che ho ricevuto è stato ignobile. Le scelte di una società, per quanto discutibili, sono legittime, ma quello che è inaccettabile è stato il modo. La persona che ha deciso il mio esonero, fino a un mese prima mi mandava messaggi con scritto “Sei un amico, ti voglio bene”. Mi fido delle persone, ma di uomini veri in giro ce ne sono pochi. Io però posso camminare a testa alta».
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