CALCIO E PELLICOLA
Il docufilm su Lippi emoziona Varese
Amarcord di Pessotto e Rampulla alla presentazione di ieri sera al Miv

Come per Genoa comunque e ovunque. Al MIV si presenta un docufilm sul calcio - martedì è toccato a Adesso vinco io Marcello Lippi - e l’incontro se l’aggiudica il... Varese. Vero che gli intervistati sono ex biancorossi ma colpisce l’amore, più che l’affetto, per un’esperienza e una città per loro da tempo lontane. In occasione della proiezione a inizio anno per i tifosi del Grifone, il conduttore Francesco Pierantozzi aveva faticato non poco per invitare Giorgio Magnocavallo a non parlare solo dell’anno da noi ma anche di quello rossoblù.
Di certo più equilibrati, anche se pendenti verso il Franco Ossola, gli interventi di martedì di Gianluca Michelangelo Rampulla, entrambi con trascorsi biancorossi e bianconeri. Alle domande di Mario Visco, caposervizio della Prealpina e artefice del Lippi Day con Andrea Cervini, direttore del multisala, e di Claudio Piovanelli, storica firma della Prealpina per lo sport varesino, Pessotto, collegato via web, s’è mosso su entrambi i fronti. Dando il suo contributo, anche nel docufilm, alla beatificazione di Lippi, «capace di farti sentire forte e di regalarti una mentalità vincente» e rendendo un omaggio palesemente sentito al Varese «con cui conobbi la gioia del promozione dalla C2 alla C1» e a Varese che gli ha portato in dote la moglie e diversi amici, a partire - come ha lasciato intendere - da Vito Romaniello.
I RICORDI DI MICHELANGELO
Non meno commosso il ricordo di Rampulla, affidato a una registrazione audio, il quale, dopo avere sottolineato la grandezza del mister anche nell’esperienza con lui condivisa in Cina, ha rievocato l’affetto del nostro pubblico, «mi chiamavate Michelino», e un altro grande allenatore - viareggino come Lippi -, ovvero Eugenio Fascetti. Quel finto burbero in grado di regalare un gioco così esaltante da spingere, come ha più volte sottolineato il regista cinematografico Massimo Venier, «alcuni milanesi a preferire il Franco Ossola a San Siro».
LA TESTIMONIANZA DI ZECCHINI
A raccontare il Lippi non da panchina d’oro (con Juventus e Nazionale) ma da campo, ha pensato Luciano Zecchini, presente in Sala Nettuno.
«Abbiamo giocato insieme - ha spiegato - nella Sampdoria, squadra in cui ha militato dieci anni diventandone capitano e bandiera. Per due stagioni tra i blucerchiati Marcello era il libero e io lo stopper. Rapporti? Ottimi». Zecchini è poi approdato al Perugia di Ilario Castagner che chiuse il campionato 1978-79 al secondo posto e imbattuto: «Con il senno di poi l’avere considerato, anche a livello di società, massimo traguardo il non perdere mai ha limitato le nostre possibilità di conquistare lo scudetto». Che finì al Milan per soli tre punti.
IL DOCUFILM
E il docufilm? L’incipit è promettente, con l’avventura cinese di Lippi, allenatore del Guangzhou Evergrande (tre campionati, una Coppa di Cina e una Coppa Campioni d’Asia in soli tre anni) e ct della nazionale asiatica, presa in corsa e con la quale sfiorò la qualificazione ai Mondiali di Russia. Unica concessione al Lippi privato, l’amore con Simonetta Barabini, divenuta sua moglie ai tempi della Samp, che era la figlia del presidente di tutti i Genoa Club della Liguria e la devozione paterna per i figli Davide e Stefania. Poi l’opera firmata da Herbert Simone Paragnani e Paolo Geremei si perde in una sequela di déjà-vu generaliste legate a successi (tanti) e insuccessi (pochi ma pesanti) juventini, alla grande stagione al Napoli, e all’impronosticabile - dai più, non da Lippi - vittoria della Coppa del Mondo nel 2006, omettendo, fra le altre, l’esperienza bergamasca (ottavo posto: un trampolino di lancio) ma anche le parti spinose di una carriera da allenatore vincente con squadre grandi nomi e con qualche spina (il rapporto con Roberto Baggio). Che Lippi non sia mai stato una rockstar pallonara era noto: del suo cineracconto rimane l’istituzionalità di un uomo che ha saputo incarnare più di altri l’essenza e la forma dello stile Juventus, vincendo le due finali più importanti della carriera di un allenatore italiano (Coppa Campioni e Campionato del Mondo) alla lotteria dei rigori: bello, bravo e fortunato, come capita ai predestinati da pubblicità elegante più che agli eroi d’un docufilm.
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