IN OSPEDALE
Il “numerificio” dell’Oncologia ora apre solo alle 7
La novità dall’1 settembre per gli esami del sangue all’ambulatorio del Circolo di Varese. I pazienti tornano al vecchio: «Chi è l’ultimo?»

Non di rado, i danni si fanno con le migliori intenzioni. Se una lezione può passare a chi ogni giorno deve fare i conti con l’ondata d’invitati all’ex Grande Ballo in Mascherina – oggi, salvo influenze o malattie respiratorie, aperto a volti denudati nel proprio dolore più o meno dissimulato – è proprio questo: la toppa può rivelarsi peggiore del buco. Nel caso, il buco ha preso forma, proprio ieri – lunedì 1 settembre – e di un avviso plastificato, all’ingresso dell’Ambulatorio dell’Oncologia, terzo piano dell’ala vecchia dell’ospedale di Circolo di Varese. E riguarda il distributore di biglietti numerati progressivamente per ordinare le chiamate ai prelievi di sangue che, di solito, anticipano di un giorno le terapie oncologiche.
Qui ogni giorno, ben prima delle 7.20, orario d’apertura della porta, risalgono scale impegnative o s’affidano a un ascensore che a Napoli sarebbe già stato bandito per questioni scaramantiche (è il 47...) manda lamenti metallici già a metà corsa, decine di pazienti, spesso accompagnati da parenti o amici. Ovvio che si formino «affollamenti»: chi si siede sulle scale, chi s’appoggia al muro, chi, per evitarsi l’esperienza dell’attesa in precario equilibrio – non bastasse la salute precaria – stacca di buon’ora il biglietto numerato e se ne ritorna in auto, per evitare di condividere l’attesa di gruppo in uno spazio che definire inospitale (alla faccia dell’etimo) è un affronto all’eufemismo.
Dunque, da ieri mattina, «per evitare tali affollamenti» qualcuno ha ritenuto una mossa strategica, svuotare la biglietteria fai-da-te e di farla riempire alle 7 in punto (e fino alle 8.30), in modo tale da scoraggiare la presenza di chi, già dalle 6.30, se non prima, si muniva del prezioso tagliandino. Non per italica furbizia ma per evitarsi la fatica di una coda, che al confronto quella alle Poste è una passeggiata all’aria aperta: al Gran Ballo di cui sopra, vale la pena di ricordarlo, sono invitati, obtorto collo, anche anziani e lavoratori per non dire pazienti che arrivano da fuori città. Il «rimedio» di far trovare vuoto il distributore manuale di numeri, però, ha sortito solo l’effetto opposto: i numeri – seppure con massimo contegno e concessione salace a un minimo d’ironia – li hanno dati i pazienti in attesa: «Chi è l’ultimo?» è stata la domanda più gettonata e fino alla scorsa settimana resa evitabile proprio dal numerino di carta.
Alla fine, solo l’autodisciplina esemplare ma affatto sorprendente (fate i conti con un tumore eppoi vedrete se non vi passano le paturnie da nevrosi) ha evitato che la situazione degenerasse in scatti di rabbia. Che fra l’altro si sarebbero diretti contro l’unica creatura innocente la quale, puntualissima, alle 7, non solo s’è presentata per caricare il numerificio ma è pure rimasta chiusa fuori per una dimenticanza in guisa di chiave. Qualcuno, per alleviare la tensione e pensando a un ingiusto contrappasso, le ha pure sussurrato: «Ma che fa, adesso, prende anche lei il numerino?».
Stessa scenetta per un’altra infermiera, che trasportava un carrello di farmaci (colpa d’un frigorifero del reparto fuori uso) e costretta ad attendere le 7.20, quando all’ingresso dell’Ambulatorio c’era il solito affollamento. E, per fortuna, appena oltre, il sorriso che scalda degli Angeli della Terapia: quelli che hanno il volto senza maschera delle infermiere. E che non guardano l’orologio per mettere i pazienti in fila come fossero numeri.
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