INCHIESTA HYDRA
Inchiesta Hydra: altri tredici in carcere, ma escono in undici
Dopo 4 mesi la decisione del Riesame. Depositate 80 ordinanze di custodia cautelare chieste dal pm della Dda Alessandra Cerreti

Facevano affari assieme, ognuno mettendoci il proprio know how familiare e criminale, ma non si può parlare di supermafia né di confederazione di clan. Lo ha chiarito ieri mattina, lunedì 14 ottobre, il presidente del tribunale di Milano Fabio Roia in una nota. Hydra, il mostro pluricefalo a cui si è ispirata l’operazione della Dda, ne esce quindi ridimensionato.
TREDICI IN PIÙ
Ieri il tribunale del riesame ha depositato tredici delle ottanta ordinanze di custodia cautelare chieste dal pubblico ministero della Dda Alessandra Cerreti. Il primo a cui è stata applicata la misura per associazione a delinquere mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti è Massimo Rosi. A parere degli inquirenti il pregiudicato di Rho sarebbe stato investito dal boss Vincenzo Rispoli, condannato in via definitiva all’ergastolo, del compito di ricostituire la locale di Lonate-Legnano. Detenuto nella casa di reclusione di Opera e difeso dagli avvocati Antonio D’Amelio e Luigina Pingitore, Rosi avrebbe riorganizzato il clan, arruolato e affiliato nuovi ‘ndranghetisti, recuperato i componenti storici, tenuto contatti con Rispoli, svolto il ruolo di cerniera con le altre associazioni. La decisione del riesame (arrivata dopo quattro mesi di camera di consiglio) a lui non cambia granché, essendo rinchiuso per altra causa.
UNDICI IN MENO
Ma al momento non cambia neppure per gli altri dodici perché fino a quando non si esprimerà la cassazione nessuno finirà dentro. È partito anche il conto alla rovescia per gli undici dei 154 indagati a cui il gip Tommaso Perna il 24 ottobre dell’anno scorso applicò la misura: chi non è rinchiuso per altre faccende, giovedì prossimo tornerà in libertà per scadenza termini. Tra loro c’è anche Giacomo Cristello - assistito dall’avvocato Roberto Grittini - che uscirà nonostante il riesame abbia accolto la richiesta del pubblico ministero Alessandra Cerreti e abbia riconosciuto l’associazione a delinquere di stampo mafioso.
GLI ATTRITI
Un’inchiesta controversa quella sfociata negli undici arresti di un anno fa. L’esiguo numero di ordinanze creò tensioni tra la procura e l’ufficio gip di Milano, la decisione del giudice Perna venne contestata duramente nell’atto di ricorso presentato dal pm Cerreti: «Il gip ha ignorato e smentito le più eterogenee evidenze investigative e processuali dell’ultimo ventennio». A dire il vero anche i magistrati inquirenti del Sud e la direzione nazionale antimafia in un primo momento avevano guardato con scetticismo la tesi della Dda milanese e dei carabinieri del Ros. Ora bisognerà leggere con attenzione le tredici ordinanze per capire perché non regga la teoria della macromafia. Di certo tra i 154 indagati quasi tutti hanno il pedigree di storiche cosche.
L’articolo completo sulla Prealpina di martedì 15 ottobre, in edicola e disponibile anche in edizione digitale.
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