MUSICA
Inti-Illimani tra Italia e Cile
Jorge e Marcelo Coulon tornano con uno spettacolo al Teatro Manzoni
«L’idea del viaggio è un’idea molto legata a noi. Siamo stati un gruppo permanentemente in viaggio. Anche se siamo tornati in Cile nel 1988, il nostro viaggio ha continuato. Siamo sempre un gruppo in tournée». Jorge Coulon, fondatore del mitico gruppo folk cileno degli Inti-Illimani, non può che individuare in questo continuo pellegrinaggio artistico ed esistenziale tanto il motore quanto la ratio dell’evento che lo vedrà in scena al Teatro Manzoni di Milano lunedì 10 alle 20.45. In viaggio con gli Inti Illimani: Uno spettacolo di storie e canzoni è il titolo di «uno spettacolo tra la conversazione, il teatro e la musica per parlare del rapporto così particolare che è rimasto tra noi e l’Italia. Però non soltanto con l’Italia, ma con un periodo storico che ha caratterizzato Europa e America Latina».
Per la regia di Giulio Wilson, la data del Manzoni ripercorre le musiche degli Inti-Illimani tra i suoni e i racconti di Jorge insieme a suo fratello Marcelo, anche lui colonna portante della band. Ma partecipano lo stesso Wilson, cantautore e amico di lunga data del gruppo con cui ha collaborato nel recente album Agua, e nelle vesti di narratore Federico Bonadonna, «scrittore, intellettuale e antropologo che noi conosciamo da quando aveva sei anni e suo padre era direttore della scuola sindacale della Cgil – spiega Coulon –. Lui ci ha seguito fin dai primi tempi che siamo arrivati in Italia dopo il golpe del ’73. Due anni fa abbiamo scritto insieme un libro di conversazioni su questa storia comune».
È una storia nota, terribile ma anche incredibile, in cui il viaggio emerge sia come nuova conoscenza sia come costrizione politica. Al colpo di stato sanguinario di Pinochet, gli Inti-Illimani ripararono proprio in Italia per sfuggire a un probabile arresto, dando inizio a una residenza artistica che s’inserì subito nel febbrile contesto socioculturale della Penisola. «Sono arrivato in Italia che avevo 25 anni e sono tornato in Cile che ne avevo 40 – racconta Coulon –. Quei quindici anni sono determinanti nella vita di una persona. Io mi sono fatto adulto in Italia. E, per di più, nell’Italia di quell’epoca, che era senza dubbio l’avanguardia intellettuale del mondo, non soltanto d’Europa».
Ma Europa e Cile vengono ugualmente attraversate dal metaforico treno su cui saliranno Coulon e i loro ospiti insieme al pubblico milanese: «C’è anche un viaggio nel tempo, un viaggio in treno. Per noi il treno è legato all’epoca migliore della poesia cilena. Sono i treni di Neruda, di Huidobro. Ed è un treno assurdo perché viaggia da Berlino a Budapest a Santiago del Cile. Si muove nella nostra storia, nella storia di questo esilio che ci ha portato in modo assolutamente casuale (o forse no) a vivere in Italia». Le canzoni degli Inti Illimani resistono però all’inesorabile fluire del tempo grazie al loro messaggio. Un baluardo dei diritti umani contro ogni sorta di disparità, immaginando un mondo più fraterno e meno egoista. Ma secondo Coulon, «più che la nostra musica, noi siamo volutamente diventati militanti della causa dei diritti umani. Anche in questo momento in cui sono così poco rispettati, sono una ragione sufficiente per dedicarvi la vita». E la musica tutta può avere un ruolo tutt’altro che marginale in questi tempi di guerra e paura: «Quest’epoca fa commercio di tutto. Tutto diventa merce. E questo è un problema per la musica, ma anche per le idee. I primi grandi concerti che si sono fatti per Mandela o per il Cile erano concerti a cui si partecipava per una voglia di giustizia, di libertà. Poi in alcuni casi anche questi concerti sono diventati un trampolino per la fama e quindi merce dell’industria musicale. In qualche modo, però, il genocidio di Gaza ha mosso nuovamente le coscienze. Le grandi manifestazioni che ho visto in questi ultimi tempi mi riportano a quello che è successo negli anni Sessanta: una ribellione profonda, sincera e molto sana. Speriamo che questo sentimento non sia strumentalizzato una volta di più».
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