LE MOTIVAZIONI
La Cassazione: Piccolomo, assoluzione legittima
Confermato il principio del “ne bis in idem”: inammissibile una seconda condanna per la morte della prima moglie dopo quella per omicidio colposo

Mancava solo un pezzo per concludere il lungo iter della vicenda processuale legata alla morte di Marisa Maldera, la prima moglie di Giuseppe Piccolomo morta carbonizzata il 20 febbraio del 2003 a Caravate.
Il pezzo mancante erano le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Assise d’Appello di Milano che aveva sentenziato per il non doversi procedere a carico di Giuseppe Piccolomo, in precedenza condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Varese. Non doversi procedere perché, come ha sempre sostenuto il difensore di Piccolomo, l’avvocato Stefano Bruno, il procedimento riaperto con avocazione dalla Procura Generale non aveva ragione d’essere, poiché si era di fronte a un’ipotesi di “ne bis in idem”, la norma che tutela il principio secondo cui un imputato, nella sua vita, non può essere processato due volte per la stessa vicenda.
In effetti, nel lontano gennaio 2006 Piccolomo aveva già patteggiato un anno e quattro mesi con la condizionale per omicidio colposo. Secondo la ricostruzione fatta propria con quel patteggiamento, Marisa Maldera era deceduta a causa dell’incendio della Volvo guidata da Piccolomo, sulla quale entrambi si trovavano e il fatto era avvenuto a causa di un incidente. Nello specifico, l’incendio era seguito all’uscita di strada dell’autovettura e si era innescato per lo sversamento di benzina contenuta in un recipiente che si trovava nell’abitacolo.
A detta della Suprema Corte, «la sentenza impugnata non risulta affetta da violazioni di legge o da vizi di motivazione». A voler riassumere il ragionamento dei giudici, anche a voler concedere che Piccolomo possa aver ucciso volontariamente la moglie, come hanno sempre sostenuto le figlie, «la condotta (la produzione dell’incendio, ndr), il nesso causale (il collegamento tra l’incendio e la tragica fine della vittima) e l’evento morte rimangono gli stessi della sentenza di patteggiamento». E se il fatto è il medesimo, codice alla mano, non si poteva né si doveva giudicare di nuovo Piccolomo.
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