L’APPELLO
«Voglio stare con mia mamma»
Marialuisa Cuccirelli, figlia della Vedova nera, chiede una casa per stare con la madre che uccise il marito nel 1967

La mamma è sempre la mamma. «E io voglio stare con la mia». Ha settant’anni e lo sguardo di chi ne ha passate tante nella vita.
Sulle esili spalle porta un’eredità impegnativa, quella che le ha trasmesso la madre, Luigia Pasino, la Vedova Nera. La donna che nel 1967 si ribellò ai soprusi del marito, l’industriale Mario Cuccirelli, ammazzandolo con la complicità di un giovane e innamorato fattorino dell’azienda, Angelo Nidoli.
Marialuisa all’epoca aveva diciassette anni. Non esisteva la legge sulla privacy, i minori subivano la stessa esposizione mediatica degli adulti. Il suo volto, le drammatiche deposizioni in aula, i particolari più intimi della famiglia e più crudi del delitto finirono tennero banco a livello nazionale.
La Vedova Nera compirà 92 anni il 17 aprile e tutto vorrebbe fuorché riesumare il passato, rielaborato, metabolizzato, quasi riscritto.
«Io non ho ucciso, ho aperto solo la porta», ripete alla figlia ormai da tempo. Marialuisa le crede e ora ha un desiderio: uscire dignitosamente dallo sfratto previsto per lunedì e beneficiare di un’abitazione in cui anche la madre possa trasferirsi.
«Non è giovane, se morisse lontana da me, dopo tutto quello che ha fatto per aiutarmi, non potrei sopportarlo». Fino a poche settimane fa le due donne condividevano lo stesso appartamento concesso in affitto a Samarate.
Marialuisa però era insolvente da anni, dopo tanti rinvii l’ordine del giudice di lasciare quelle mura è diventato esecutivo e i servizi sociali hanno disposto il ricovero della novantaduenne in una casa di riposo che dista oltre 50 chilometri.
«Ho avuto due ictus, un’ischemia, problemi cardiaci. Sono indigente. Come posso raggiungere mia mamma in queste condizioni? E purtroppo da quando è lontana da me ho notato cambiamenti preoccupanti».
La soluzione proposta dal Comune samaratese non è delle più agevoli, in trenta metri quadrati le due donne non potrebbero convivere. «Ma soldi per un’alternativa abitativa non ne ho. Se solo il mio ex marito mi avesse pagato gli alimenti, invece ho tirato avanti con mille difficoltà economiche e ora sono disperata. Faccio un appello a chiunque possa aiutarmi».
Il destino non è stato magnanimo con lei. L’omicidio del padre fu uno shock, l’arresto della madre subito dopo il funerale la tramortì.
Ancora ragazzina iniziò a frequentare i penitenziari in cui di volta in volta veniva trasferita la Vedova Nera e le aule giudiziarie.
Le sue testimonianze occuparono le pagine delle testate nazionali, si attirò critiche pesanti. Poi arrivò un matrimonio infelice, che trascinò con sé conseguenze finanziarie, e le gravi patologie da cui è affetta. «Se la notte in cui mi venne l’ultimo ictus non ci fosse stata mia madre a chiamare il 118 sarei morta».
Luigia Pasino non sarà felice di ritrovarsi ancora sulla Prealpina, è un rischio che la figlia ha già messo in conto. Ma la sua del resto è storia, tanto che poche settimane fa anche la Rai ha riaffrontato il caso.
Il 14 luglio del 1967 lei, quarantenne, e il ventiduenne Nidoli - morto un paio di mesi fa - aspettarono l’imprenditore nascosti nel sottoscala dell’azienda annessa all’abitazione. Il piano prevedeva che il fattorino stringesse al collo di Mario una corda per simulare un suicidio, a quanto pare i due nei giorni precedenti avevano fatto le prove. Ma al momento di strozzare il padrone, il ragazzo non trovò il coraggio.
Sicché la donna - che ora a quanto pare ha ricordi diversi - si armò di un metro di legno da merciaio e con Nidoli sferrò selvaggi colpì in testa all’uomo. Il caso venne risolto dalla polizia in pochi giorni.
In corte d’assise a Milano la vedova nera e il dipendente innamorato vennero condannati a 21 e 11 anni. Venne rifatto il processo per violazione dei diritti della difesa. Dopo dieci anni di reclusione Luigia iniziò a fare la pendolare tra San Vittore e la casa della figlia, in virtù della semilibertà introdotta dalla riforma carceraria. Fu la prima detenuta a godere del beneficio.
Oggi vorrebbe l’oblio, di cui ha pieno diritto, ma sua figlia è in emergenza. E le madri sono sempre pronte a un sacrificio per le sue creature.
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