La fine di un mito
Ogni mito ha la sua particolare origine. Quello di cui stiamo per parlare è nato da un bastoncino e da un disegno sulla sabbia. Il mito in questione è una fuoristrada. O sarebbe meglio dire «la» fuoristrada per eccellenza, il Land Rover Defender. La storia narra che nacque un po' per caso, quasi per un capriccio, nel 1947 nella Red Wharf Bay ad Anglesey, in Galles quando Maurice Wilks, capo ingegnere della Rover, tracciò la forma della Land Rover originale sulla sabbia e propose l'idea al fratello Spencer, amministratore delegato della Rover. La famiglia Wilks, infatti, possedeva dei terreni sull'isola gallese e Maurice desiderava un veicolo versatile che potesse svolgere un duplice ruolo, quello di trattore leggero e di fuoristrada. Da un disegno sulla sabbia ad auto icona che incarna la libertà e la voglia di avventura. Ma che dopo 67 anni sta per tramontare. Sì, perché il 2015 sarà l'ultimo anno di produzione della fuoristrada che ha segnato la storia di un marchio e di un modo di vivere e pensare comune in tutto il mondo.
E più di una persona anche nella nostra provincia, dove di Defender se ne vedono circolare parecchi, sentirà la sua mancanza. In zona Capolago c'è un'oasi che è il territorio indiscusso dei Land Rover dove alcuni vecchi esemplari stazionano parcheggiati davanti a un capannone, quasi a essere un biglietto da visita per intenditori. È il regno di Fabrizio Fiori, il meccanico delle fuoristrada e delle Land Rover e punto di riferimento di molti appassionati. Il sacro fuoco delle Land la famiglia Fiori ce l'ha nel sangue e si tramanda di padre in figlio. Fabrizio infatti l'ha ereditato da suo papà Piero, scomparso un anno fa, e a cui deve tutto il suo sapere.
Fiori, quando è scoccata la scintilla tra la sua famiglia e le Land?
«Mio padre ha sempre avuto la passione delle fuoristrada. Insieme siamo stati in Africa a bordo della Land Rover 88 del 1974 di mio papà: tre volte in Tunisia e una in Algeria tra il 1989 e il 1992. Durante questi viaggi nel suo ambiente naturale abbiamo potuto testare il veicolo rendendoci conto delle potenzialità. Così ci siamo sempre più specializzati nella riparazione e restauro delle fuoristrada, in particolare Land Rover».
Cosa ha in più il Defender?
«È un veicolo che permette di andare ovunque e su qualunque tracciato. Finché non lo si prova non ci si rende conto. Ha delle potenzialità enormi perché può essere modificato a seconda delle esigenze del proprietario. Con tutta probabilità il Defender è l'unico veicolo al mondo con ha più kit di personalizzazione possibili. Non per niente è stato scelto come mezzo antincendio, militare e come ambulanza. Il Defender è un'icona sinonimo di libertà e a bordo del quale hai la sensazione che si possa viaggiare ovunque nel mondo. Certo, è un veicolo spartano: o te ne innamori subito o niente. Se si cercano le comodità, allora si guardi altrove. Anche se, nell'ultimo modello Land Rover ha voluto trovare un compromesso rendendolo più "abitabile"».
Dopo 67 anni però esce di scena.
«È la fine di un mito, la conclusione di una parte di storia importante del settore delle automobili. Ora bisognerà vedere se Land Rover deciderà di fare qualcosa... ma sarà difficile realizzare un veicolo simile con gli standard moderni».
Si parla di spostare la produzione, ora in Gran Bretagna, oltreoceano per garantire bassi volumi per flotte selezionate e veicoli speciali venduti fuori dall'Europa.
«Certo perché il problema in Europa è che sul Defender non si può montare l'airbag. Se fossi in loro farei una carrozzeria, magari assemblata da robot, anche in ferro con la stessa estetica, ma con l'abitabilità e i sistemi di sicurezza moderni. Ma se mi fanno una cosa come il Free Lander... Non va proprio. Due o tre anni fa avevano messo in Rete, per sondare il terreno, delle immagini di una concept che avrebbe dovuto rimpiazzarlo... Non c'entrava nulla col modello originario».
Una caratteristica meccanica curiosa.
«La prima è una cosa tipica da inglese conservatore: alcuni pezzi di ricambio sono gli stessi per tutti i modelli dalla nascita ad oggi. Per esempio, la frizione del Defender TD 4 di quest'anno è uguale a quella che era montata sullo stesso modello degli anni Settanta. E ancora, uno dei "segreti" che ha permesso ai modelli più vecchi di conservarsi bene nel tempo è la carrozzeria in alluminio. Fosse stata di acciaio come le automobili moderne o li si teneva bene o non li si sarebbe più visti».
Le vecchie auto fuori dalla sua officina, che storia hanno?
«Alcune sono nostre, altre di clienti. Una serie III è stata appena acquistata da una ragazza che lo vuole rimettere a posto. Una è invece del 1963: il suo propietario ha fatto una ricerca ed è stata immatricolata in Inghilterra vicino al lago di Loch Ness. Invece la 109 del 1983, lunga e bianca, è di un dottore varesino, che fa parte di Medici senza frontiere, con cui ha girato tutta l'Africa in solitaria. Ora lavora in un ospedale in Afghanistan».
L'identikit del proprietario tipo.
«La clientela è molto varia, senza età e livello sociale. C'è il libero professionista che nel tempo libero si cimenta nei raduni di fuoristrada e che vuole modifiche particolari, c'è il ragazzo che invece ama personalizzare gli interni con strumentazioni ad hoc. E poi ci sono anche molte donne: una ragazza ha voluto in regalo per i suoi 18 anni, come prima macchina, un Defender III del 1983. Un bel coraggio visto che non è facile da guidare: ha marce difficili da innestare, è senza servosterzo e con le ridotte da due leve!».
La modifica più strana che ha fatto.
«Diversi allestimenti per viaggi in Africa: ho trasformato delle Land in camper con il tetto che si alza. Meccanicamente invece per alcuni clienti che vanno a fare i raduni estremi abbiamo montato bloccaggi differenziali, roll-bar per evitare che ci si ribalti e sospensioni rinforzate. Ricordo che una volta per un signore che aveva già partecipato alla Parigi Dakar e girava da solo l'Africa anche in zone molto pericolose, abbiamo preparato due vecchie 109, una del 1969 e l'altra degli anni Settanta, con cui ha attraversato da Ovest a Est il continente nero. Ecco, si può pensare che con due macchine così vecchie in Africa non ce la si possa fare, e invece c'è anche qualcuno che con il Defender ha fatto dall'Algeria a Città del Capo. Queste avventure dimostrano che il veicolo è affidabile. Anche se si rompe, il Defender in qualche maniera ti riporta sempre a casa».
© Riproduzione Riservata