IL PROBLEMA
La grande fuga da Malpensa
I sindacati: stipendi bassi e condizioni peggiorate

«Se continua così i passeggeri finiranno per caricarsi i bagagli da soli». Scherza ma neanche troppo Gaetano Cannisi, segretario territoriale Fit Cisl Varese e dipendente dell’aeroporto di Malpensa da più di 35 anni. Però il suo è un riso amaro perché si riferisce al fuggi fuggi, come lo definisce, di dipendenti dallo scalo nella brughiera.
DUECENTO GIÀ VIA
«Nell’ultimo anno il numero degli aeroportuali che decidono di lasciare il lavoro è in crescita e a oggi sono state circa duecento le persone che se ne sono andate», afferma Cannisi. «Non solo è sempre più difficile reperire personale, come da tempo abbiamo constatato e segnalato, ma adesso sono molti anche quelli che si licenziano. Ma non c’è da stupirsi. La vita di chi è impiegato in uno scalo aereo, qui come altrove, è difficile e negli ultimi anni lo sta diventando sempre più: turni massacranti, orari che la maggior parte delle volte non si conciliano con quelli della famiglia, che sia Natale, domenica o Pasqua capita di frequente che si lavori. Se però fino a qualche anno fa la situazione lavorativa non era così stressante, e un buono stipendio e condizioni contrattuali favorevoli, come il parcheggio gratuito e alcuni benefit, compensavano un mestiere impegnativo, ora purtroppo non è più così. Visto, inoltre, che il contratto nazionale del lavoro è scaduto da sette anni ed è molto difficile farlo rinnovare».
SUL PIAZZALE 42 GRADI
Sono soprattutto i dipendenti degli handler, cioè le aziende che forniscono supporto a terra alle compagnie aeree, ad andarsene. «Circa il 60% dei dimissionari è impiegato nel carico e scarico dei bagagli o nei servizi di rampa, cioè nelle operazioni svolte sotto gli aeroplani, e il restante 40% è rappresentato dagli operatori dei check-in», spiega il sindacalista. «Basti pensare che in questo periodo nel piazzale, dove ci sono gli aerei, la temperatura è di 35 gradi e quella percepita si aggira sui 42. Ebbene, se un dipendente, magari non più ragazzo, è soddisfatto dal punto di vista economico sarà spronato a rimanere, ma se il salario che percepisce non è adeguato, allora può decidere di andarsene. Accade anche per gli impiegati ai controlli e ai check-in. Hanno a che fare ogni giorno, con orari magari spezzati e pochissima pausa, con passeggeri sempre più maleducati, stando in piedi, con turni fin troppo flessibili. E questo perché le aziende giocano al ribasso e pagano sempre meno. Per cui alla fine è naturale che molti ritengano che fuori da qui, allo stesso stipendio, possano trovare di meglio».
MANCANO I GIOVANI
Inoltre, quel che preoccupa i sindacati confederali è la mancanza di ricambio generazionale. «Per i giovani Malpensa non è più appetibile come una volta», afferma Cannisi. «Infatti, l’età media dei dipendenti dell’aeroporto è di 40-50 anni, il momento ancora giusto per guardarsi attorno e andare eventualmente altrove. Stiamo lavorando per fare in modo di sostituire chi se ne va per non aumentare ancora di più la carenza di organico».
CAMBIO ENTRO L’ANNO
La situazione che sta vivendo lo scalo intercontinentale nostrano non è dissimile a quella di altri aeroporti italiani ed europei, e a ciò che succede anche in altre realtà lavorative: il fenomeno delle grandi dimissioni, infatti, non si ferma e da alcune analisi dal 25% al 30% dei lavoratori italiani afferma che desidera cambiare impiego entro l’anno.
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