BUON NATALE
Caro Papa Francesco, Ti scrivo con timore, tremore e umiltà
Le parole rivolte al Pontefice dall’ex sindaco di Varese

Caro Papa Francesco, non so se a Lei arrivi La Prealpina, ma lo Spirito soffia dove vuole, e perciò approfitto dell’ospitalità offertami da questo giornale per rivolgermi a Lei in occasione dell’undicesimo Natale che La vede al timone della barca di San Pietro. L’affaticamento della Sua persona è il miglior testimone dello sforzo - in verità ammirevole - con cui Lei è venuto in questi anni perseguendo quelli che a me sembrano essere stati i tre fondamentali obiettivi del Suo Pontificato. Primo, il tentativo di una riforma del clero, nel senso di un recupero della collegialità dei vescovi e di una maggiore dinamicità dei sacerdoti nell’esercizio della loro azione pastorale. Secondo, la ricerca di comuni radici di verità con i non credenti, con le altre confessioni cristiane e con le altre religioni. Terzo, una rimeditazione dell’atteggiamento della Chiesa nei confronti di alcuni fedeli - come i divorziati e gli omosessuali - storicamente considerati “peccatori”.
Sono però costretto a constatare - mi creda, non senza rammarico - che i risultati ottenuti non sembrano certo proporzionali all’impegno profuso. La struttura gerarchica della Chiesa sembra oggi più che mai essere quella che Carl Schmitt ebbe icasticamente a definire una “burocrazia celibataria”. I non credenti La esaltano a ogni pié sospinto, ma... quasi che adesso si sentano legittimati a continuare a non credere con la benedizione del Papa! Né mi pare che le altre religioni ripaghino le fraterne “aperture” della Chiesa con la stessa caritatevole moneta. Su omosessuali e divorziati forse non sempre c’è chiarezza, e Dio solo sa (è proprio il caso di dirlo!) quanto questa sia difficile. Infine, incredibile è il numero degli “haters” - quasi sempre cattolici zelanti - che ogni giorno La attaccano direttamente sui social, senza mezzi termini additandoLa addirittura come una sorta di “Anticristo”.
Il mio interrogarmi sulle ragioni degli insuccessi e dell’astio sfocia in una domanda. Non è che - nello sforzo di comprendere le ragioni del mondo, e in un certo senso di rendersi più “popolare” - la Chiesa abbia però involontariamente messo in sordina ciò di cui il mondo oggi ha più bisogno, e cioè che NON gli si dia ragione? La Chiesa non deve a tutti i costi “rincorrere il mondo”, neppure a fin di bene. Quello contemporaneo più che mai ha sete di spiritualità, e proprio per questo la Chiesa (che mi pare Lei stesso ha detto non dover assimilarsi a una ONG) dovrebbe ritornare a non avere più timore di essere se stessa e sostenere in modo più immediato e più diretto le ragioni del Sacro e della sua Tradizione - basata sul proclamare a tutte le genti incarnazione, morte e resurrezione di Gesù - anche a costo di sfidare l’impopolarità.
Con timore, tremore e umiltà Le dico questo, da peccatore laico consapevole del fatto che la potestà di magistero spetta ai vescovi, e più di tutti al Vescovo di Roma. In questo spirito attendo la Sua benedizione, quando Lei, come ogni anno, la darà “Urbi et Orbi”. Nessuno meglio di Lei può cogliere questo segno della sapienza di una Chiesa che, nell’accettare l’eredità di un Impero ormai morente, seppe far sua la frase con cui l’ultimo suo grande poeta, il pagano Rutilio Namaziano, si accomiatava dalla sua Città, cattolica da sempre: “Urbem fecisti quod prius orbis erat”.
Buon Natale, Papa Francesco!
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