GIUDIZIARIA
«La pena del brigatista varesino non è estinta»
La Procura Generale di Milano richiede la revoca dell’estinzione per “decorso del tempo” per Raffaele Ventura, ex membro delle Br

«Chi sia oggi non lo so. Allora, era uno dei capi dell’Autonomia milanese che a metà degli anni Settanta aveva deciso il passaggio diretto alla violenza. Nella manifestazione del 14 maggio del 1977, all’altezza di via De Amicis, si aprì senza alcuna giustificazione il fuoco contro la polizia, provocando la morte del brigadiere Antonino Custra. Quell’episodio costituì un salto di qualità e aprì la strada agli omicidi e alle gambizzazioni che da quel momento divennero più frequenti. Tra gli sparatori guidati da Ventura c’erano Marco Barbone che organizzò l’omicidio del giornalista Walter Tobagi e, raffigurato in una famosa fotografia mentre spara in mezzo alla strada, Giuseppe Memeo, uno degli esponenti dei Proletari Amati per il Comunismo che insieme a Cesare Battisti ha poi commesso una serie di omicidi a sangue freddo. In quel corteo Ventura, nel suo ruolo di capo, incitò gli sparatori ad aprire il fuoco contro gli agenti e lo si vede benissimo nelle fotografie. Per l’omicidio di Custra è stato condannato in via definitiva a 14 anni». Di Raffaele Ventura, varesino, classe 1949, auto-esiliato dal 1983 a Parigi, e di tutta la vicenda giudiziaria che lo riguarda, l’ex giudice milanese Guido Salvini parla con cognizione di causa. È stato proprio lui a riaprire il caso e a individuare i colpevoli dell’omicidio Custra.
LA PENA ERA STATA DICHIARATA ESTINTA
Non più tardi del 2021, Ventura, per tutti Coz, che a Parigi fu protetto dalla dottrina Mitterrand e riuscì a ricostruirsi una vita, sarebbe dovuto rientrare in Italia dalla Francia per scontare le condanne, ma i giudici transalpinini negarono l’estradizione. Nel novembre di un anno fa la sua pena fu dichiarata estinta per “decorso del tempo”: erano infatti trascorsi 28 anni, il doppio della pena stabilita con la sentenza passata in giudicato nel 1996. A deciderlo la Corte d’Assise d’Appello di Milano su richiesta della Procura Generale.
DIETROFRONT DALLA PROCURA MILANESE
Ora, è proprio la Procura Generale del capoluogo lombardo a sollecitare il dietrofront. La procuratrice generale Francesca Nanni ha infatti chiesto la revoca della sentenza della Corte d’Assise d’Appello. Secondo Nanni, Ventura fu trattenuto per sei ore il 17 luglio 2007 in una gendarmeria francese, in base a un mandato d’arresto europeo e questo provvedimento avrebbe di fatto interrotto la prescrizione. Di più, la prescrizione che andrebbe ricalcolata proprio da quel momento. In altre parole, la pena non è estinta e deve essere scontata in Italia. Tesi contrastata dal difensore di Ventura, l’avvocato Davide Steccanella, che ha fatto presente come nel caso di quel breve arresto del 2017 non ci fosse nemmeno una richiesta di estradizione da parte dell’Italia. La Corte d’Assise d’Appello deciderà sulla richiesta della Procura Generale nei prossimi giorni.
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