LA CRISI
La Tipografia Mori chiude. Ma non muore
A breve sarà venduta la sede di via Guicciardini. La maggiorparte dei dipendenti salvati da altre società

Non amano conquistare titoloni anche se alle prime pagine sono abituati, visto che da oltre sessant’anni stampano libri. Ma stavolta non possono fare a meno di raccontare di sé, della tipografia Mori che chiude i battenti, sì, ma proseguendo l’attività in forma alternativa e soprattutto salvando la maggior parte dei posti di lavoro.
Un caso più unico che raro in un settore, quello editoriale, che ha pagato più di altri il prezzo della rivoluzione digitale. E in una città che sta lasciando sul campo molte croci nel campo produttivo.
Se la carta continua ad arretrare e a rosicchiare fatturati, è impossibile non fare i conti con questo cambiamento che impone di rivedere il modello: così è accaduto nell’azienda di via Guicciardini, di fronte al nuovo ospedale di Circolo, un gigante da 25mila metri quadrati che entro l’anno prossimo dovrà andarsene da questa storica sede fondata nel 1952 da Antonino Giuffrè dell’omonima casa editrice milanese nata nel 1932 e dalla moglie Maria Luisa Mori (da cui deriva il nome).
Oggi alla holding, detenuta al 60% dalla famiglia e al 40% da un fondo sempre italiano, fanno capo due attività: la Giuffrè editore Spa, appunto, e la Mori &C. Spa, il luogo in cui vengono stampati i testi di genere giuridico-scientifico che hanno sempre caratterizzato la casa editrice, giunta alla terza generazione.
Tutto sta per cambiare, perché si avvicina il trasloco, la fabbrica continuerà a produrre solo fino al 2019, con l’idea che questa porzione di città lungo l’asse strategico di viale Borri diventi qualcos’altro, un insieme di terziario, alberghiero e residenziale.
È già stata depositata una proposta di variante al Pgt che dovrebbe diventare definitiva nel 2020.
Nel frattempo si cercherà un’altra casa, ma di sicuro nessuno perderà il lavoro, come hanno chiesto specificamente i fondatori, che in questi anni stanno rivedendo le attività della holding.
La casa editrice appartiene già al 100% al gruppo francese Editions Lefebvre Sarrut (Els), tra i leader nell’editoria professionale legale e fiscale. E poi si è pensato alla Tipografia Mori, con un’operazione immobiliare.
«La struttura un tempo era impiegata nella sua totalità per la stampa a piombo, ma oggi è diventata immensa - dicono dal quartier generale -. Lo stabilimento è superiore alle esigenze attuali e si è deciso di vendere. Entro il 2020 contiamo di concludere l’operazione e la sede è stata concessa in comodato gratuito per questo periodo di transizione, ma è stato posto come vincolo il mantenimento della forza lavoro salvando il maggior numero possibile dei nostri dipendenti».
Così è stato: i vari passaggi societari sono stati gestiti dalla holding Giuffrè nella persona del suo presidente, Giuseppe Giuffrè, dall’amministratore unico Alessandro Azais e da Giovanni Zen (per tutti da sempre “il Ragioniere”).
«Decisamente collaborativo è stato il rapporto con la Rsu e con i sindacati provinciali di categoria», dicono dall’azienda. E da ieri, mercoledì 10 gennaio, gli addetti sono già al lavoro con la nuova casacca, a seconda dei corridoi scelti per le varie voci.
Tre i settori smembrati: la prestampa (soprattutto la fotocomposizione, cuore dell’attività) è stato ceduta come ramo d’azienda da Mori a Giuffrè insieme ai 26 collaboratori. La parte stampa-legatoria sarà assorbita dalla Tipografia Galli di Marco Vanoli (20 i lavoratori in transito), vicina di casa e affine per settore.
E la parte logistica-magazzini andrà alla Loghistes, società italiana che opera in zona ma assicura di non trasferire lontano i dieci dipendenti.
Insomma, 56 addetti e tre nuovi “proprietari” che consentiranno di proseguire una storia importante.
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